Come è noto, la giurisprudenza (TAR Abruzzo, Pescara, sent. 29 luglio 2022, n. 325) ha affermato che, sul piano procedurale, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale è misura meno gravosa del dissesto in situazioni di grave crisi finanziaria laddove permette di non rompere l’unità del bilancio e di favorire il recupero dell’Amministrazione rispetto alla comunità amministrata.
Il dissesto rimane la misura ultima e residuale, tant’è che è prevista l’immissione automatica nella stessa nei casi di “fallimento” della procedura di riequilibrio, ai sensi dell’art. 243-quater del TUEL (D.lgs. n. 267/2000), rimanendo il parametro procedurale a garanzia della serietà del percorso di rientro e riequilibrio e non una sanzione; il ricorso a tale misura è, tuttavia, ammesso solo nel caso in cui le esigenze di illiquidità, unitamente alla complessiva massa passiva da ripianare, non compromettano la continuità amministrativa nello svolgimento delle funzioni e dei servizi indispensabili e, nel contempo, lo squilibrio finanziario e la massa passiva siano ripianabili, ragionevolmente, nell’orizzonte temporale determinato in base ai criteri dell’art. 243-bis, comma 6, del TUEL (Corte dei conti, Sezione Autonomie, delib. n. 16/2012/INPR), occorrendo una motivazione circostanziata da cui evincere le concrete ragioni poste a base della scelta di optare per il dissesto senza ritenere esperibile la procedura di cui all’art. 243 bis cit.
Applicando tali linee ermeneutiche, il TAR Campania, Salerno, sez. I, nella sent. 21 giugno 2024, n. 1352, ha ritenuto sufficientemente motivata la decisione del Consiglio Comunale di dichiarare il dissesto di fronte alle seguenti situazioni fattuali:
- assenza di cassa libera, con conseguente impossibilità di pagare i fornitori;
- percentuale estremamente ridotta (8%) di recupero dei crediti a titolo di IMU, TASI, TARSU, affidato ad una società di riscossione, che si riflette sia in termini di cassa che di accantonamento al FCDE;
- insufficienza del patrimonio immobiliare disponibile da alienare il cui valore è di appena € 120.000,00;
- rilevanza dei dati contabili negativi di cui al rendiconto.
Secondo i giudici, è condivisibile l’operato del Comune, visto che la descritta grave situazione finanziaria non permetteva il rientro del disavanzo e delle sofferenze di bilancio in modalità pluriennale ai sensi degli artt. 193 e 194 TUEL), ciò emergendo anche dalle relazioni del Responsabile del Servizio Economico e Finanziario, secondo cui “non è possibile ipotizzare una soluzione alternativa al dissesto finanziario per le seguenti ragioni contabili” così che “risulta pertanto impossibile procedere a forme alternative al dissesto finanziario”:
Ad ulteriore conferma, il revisore dei conti aveva dichiarato l’inesistenza di rimedi alternativi e l’impossibilità del ricorso al fondo di rotazione ai sensi dell’art. 202 TUEL poiché avrebbe esposto ancora di più l’Ente ad impegni finanziari futuri, dovuti al pagamento delle rate e che avrebbe superato la capacità annuale sostenibile di oneri da mutui.
Quindi, la scelta dell’amministrazione di deliberare il dissesto si era basata su una congrua analisi economica e finanziaria, da cui era emersa l’incapacità dell’ente territoriale a fronteggiare le spese correnti, a garantire i servizi essenziali ed a pagare i debiti, l’insussistenza dei presupposti per ricorrere al riequilibrio pluriennale, ovvero al fondo di rotazione.
I giudici, infine, hanno ricordato che la decisione di dichiarare il dissesto è frutto di esercizio di discrezionalità tecnica, non censurabile in assenza di profili di illogicità, contraddittorietà, irragionevolezza o difetto di istruttoria e di motivazione.