1

Il revisore dell’ente locale è revocabile solo per inadempienza

Ai sensi dell’art. 235 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000), l’inadempienza quale presupposto della revoca è integrata dal mancato adempimento ai compiti a cui l’organo di revisione è istituzionalmente preposto ai sensi dell’art. 239 e solo un’oggettiva e grave violazione dei compiti sopra indicati può giustificare il provvedimento di revoca, a garanzia dell’imparzialità e dell’indipendenza dell’organo di controllo che non è suscettibile di essere revocato ad nutum per contrasto con le scelte dell’amministrazione controllata: è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, nella sent. 23 maggio 2024, n. 4619.

Tra le inadempienze rilevanti, il legislatore ha tipizzato la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’art. 239, comma 1, lettera d), che rappresenta l’unica fattispecie di revoca obbligatoria, in ragione della particolare gravità della violazione (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 21 marzo 2024, n. 2783).

Non può fondare, invece, un’autonoma fattispecie di revoca la violazione dei doveri di diligenza qualificata che il revisore è tenuto ad osservare ai sensi dell’art. 240, poiché essi costituiscono un mero parametro di valutazione della corretta esecuzione dell’incarico e, quindi, anche della gravità dell’inadempienza (ove diversa da quella tipizzata dall’art. 235, già valutata grave dal legislatore) che giustifica la revoca.

In altri termini, la revoca deve sempre fondarsi sull’inadempienza ai compiti demandati ai revisori dall’art. 239, la cui gravità deve essere accertata e motivata con riguardo al quantum di scostamento dal parametro della diligenza esigibile ai sensi dell’art. 240.

I giudici di Palazzo Spada hanno anche evidenziato che la norma del regolamento comunale che prevede la revoca dell’organo di revisione nei casi di insanabile contrasto con l’Ente non può che essere interpretata in conformità con la disciplina primaria sopra richiamata, nel senso che l’insanabile contrasto che giustifica la revoca è solo quello generato dall’inadempienza grave ai compiti del controllore e non quello determinato dalla mera conflittualità con gli organi controllati.  Una diversa lettura renderebbe radicalmente illegittima la disposizione regolamentare in quanto volta ad introdurre una revoca ad nutum, incompatibile con le previsioni del Tuel e con la natura e la funzione dell’organo di revisione.

Come chiarito dalla giurisprudenza, è principio immanente nell’ordinamento giuridico italiano quello secondo cui l’indipendenza dei revisori dei conti si esprime nell’integrità e nell’obiettività, la prima garantita dall’alta qualificazione dei soggetti chiamati, la seconda dalla più assoluta imparzialità dell’azione del revisore medesimo. Tale principio è ribadito dall’art. 38 della Direttiva 2006/43/CEDir. 17/05/2006, n. 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio 2006, secondo cui gli Stati membri devono assicurare che la revoca e le dimissioni dei revisori legali o delle imprese di revisione contabile possa avvenire solo per giusta causa e non per divergenze di opinione in merito ai contenuti delle determinazioni da prendere (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 15 febbraio 2017, n. 677).

Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto che nessuna delle censure formulate dal Comune a fondamento della revoca del revisore individuasse un’inadempienza agli obblighi di cui all’art. 239 TUEL:

  • la redazione di pareri frequentemente negativi e la formulazione di rilievi su gravi irregolarità di gestione, visto che la collaborazione con l’organo consiliare, ai sensi dell’art. 239, comma 1, lett. a), del TUEL “si esplica, in concreto, attraverso pareri, rilievi, osservazioni e proposte finalizzate a conseguire una migliore efficienza, produttività ed economicità della gestione” (Corte conti sez. reg. di contr. Liguria, delib. n. 4/PAR/2014);
  • il mancato rispetto degli orari di ufficio per l’esecuzione degli accessi presso l’ente locale, considerato che trattasi di profilo riguardante la dimensione esecutiva delle funzioni di controllo e vigilanza;
  • la situazione di conflittualità, anche grave, tra revisore ed ente locale, trattandosi di profili sottratti al giudicato amministrativo.