Inventario: è patrimonio disponibile un parco pubblico del quale l’ente locale ha deciso l’alienazione

Costituisce indice della natura disponibile di un’area pubblica la decisione dell’ente locale di disporne la vendita, non essendo all’uopo sufficiente la mera circostanza di fatto della adibizione a parco pubblico: è quanto evidenziato dal TAR Basilicata, sez. I, nella sent. 13 maggio 2024, n. 250.

La corretta qualificazione del bene rileva sia ai fini dell’inventario, ove normalmente si distingue tra beni demaniali, beni del patrimonio indisponibile e beni del patrimonio disponibili, sia al fine di poter legittimamente utilizzare i poteri di autotutela (si pensi all’ordine di rilascio), previsti dal codice civile solo per i beni demaniali e per quelli del patrimonio indisponibile (ed infatti, costituisce principio acquisito che “il potere di autotutela, attribuito all’amministrazione in relazione ai beni demaniali, è esteso, in virtù del combinato disposto degli artt. 823 e 825 c.c., ai beni del patrimonio indisponibile, mentre resta escluso per la tutela dei beni del patrimonio disponibile, rispetto ai quali l’amministrazione potrà avvalersi solo delle ordinarie azioni a tutela della proprietà e del possesso. Pertanto, in presenza di beni del patrimonio disponibile di proprietà del Comune, occupati sine titulo, gli atti posti in essere dall’Amministrazione comunale non possono ritenersi riconducibili all’esercizio di un potere autoritativo a tutela di un bene pubblico, quale è quello attribuito dall’art. 823 con riferimento ai beni demaniali e ai beni patrimoniali indisponibili, quanto piuttosto all’esercizio di un potere di autotutela del patrimonio immobiliare, posto in essere iure privatorum. Si tratta, in altre parole, di atti di diffida di natura paritetica volti alla tutela della proprietà comunale, a fronte dei quali sussistono posizioni di diritto soggettivo, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario sulle relative controversie (Cass., S.U., 24543/2010; S.U., n. 15155/2015; S.U., 27198/2023)” (cfr. Cassazione Civile, Sez. Un., 4 gennaio 2024, n. 255).

 

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