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La nozione di colpa grave che comporta la responsabilità dinanzi alla Corte dei conti

Come è noto il sistema normativo vigente subordina la configurabilità della responsabilità amministrativa del pubblico dipendente alla sussistenza quanto meno della colpa grave (art. 1, c. 1, l L. 20/1994). La limitazione in questione, frutto della scelta discrezionale del legislatore, risponde “alla finalità di determinare quanto del rischio dell’attività debba restare a carico dell’apparato e quanto a carico del dipendente” (Corte costituzionale Sent. n. 371/1998), caratterizzando, quindi, in modo peculiare la condotta imputabile idonea a suffragare un giudizio di responsabilità erariale. Per colpa grave si intende l’evidente e marcata trasgressione di obblighi di servizio o regole di condotta con peculiari caratteristiche, quale l’inosservanza del minimo di diligenza richiesto nel caso concreto o in una marchiana imperizia o in un’irrazionale imprudenza in assenza di oggettive ed eccezionali difficoltà nello svolgimento dello specifico compito d’ufficio.

È pacifico che non tutti i comportamenti censurabili integrano gli estremi della colpa grave, ma soltanto quelli contraddistinti da precisi elementi qualificanti che vanno accertati volta per volta in relazione alle modalità del fatto, all’atteggiamento soggettivo dell’autore, nonché al rapporto tra tale atteggiamento e l’evento dannoso.

Il prevalente orientamento di questa Corte identifica la colpa grave in una “sprezzante trascuratezza dei propri doveri, resa estensiva attraverso un comportamento improntato a massima negligenza o imprudenza ovvero ad una particolare non curanza degli interessi pubblici”.

Indici tipici di riconoscimento di tale grado della colpa sono stati ritenuti:

  • la previsione dell’evento dannoso e, più in generale, la sua prevedibilità;
  • il superamento apprezzabile dei limiti di comportamento dell’uomo medio, o anche il notevole superamento di detti limiti, per chi riveste una figura professionale alla quale vanno richieste particolari doti di diligenza, prudenza e perizia.

Il relativo giudizio deve ispirarsi ad una considerazione globale di tutti gli elementi di fatto e di diritto ricorrenti nelle singole fattispecie concrete, con particolare riferimento all’atteggiamento tenuto dal convenuto in relazione agli obblighi di servizio ed alle regole di condotta relativi allo svolgimento degli specifici compiti di ufficio affidati alla sua responsabilità (cfr. Corte dei conti, SS.RR. 7/1/98, n. 1/A).

Applicando tali criteri, la Corte dei conti, sez. giurisd. Lazio, nella sent. n. 183/2024, depositata lo scorso 30 aprile, ha ritenuto insussistente la colpa grave nel comportamento di un segretario comunale che, dinanzi ad una serie di comportamenti illegittimi del responsabile del settore finanziario, aveva provveduto a formalizzare reiterate contestazioni disciplinari a detto soggetto.