Come è noto, in base al combinato disposto degli art. 195 e 222 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000), l’Ente può fare ricorso, per momentanee difficoltà di cassa, ad anticipazioni di tesoreria o all’utilizzo di fondi vincolati ovvero ad entrambi nel limite massimo stabilito dal richiamato art. 222.
Più nello specifico, come ribadito recentemente dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Basilicata, nella delib. n. 40/2024/PRS, depositata lo scorso 11 aprile, l’anticipazione di tesoreria, prevista dall’art. 222 del TUEL, è una forma di finanziamento a breve termine di carattere eccezionale con la funzione di far fronte a momentanee carenze di liquidità generate dalla mancata sincronia tra il flusso delle entrate e quello dei pagamenti; qualora il ricorso all’anticipazione assuma il carattere della sistematicità e continuità per un lungo lasso di tempo e in più esercizi, risulta sintomatico della fragilità della gestione finanziaria.
La continuità e la sistematicità del ricorso ad anticipazioni di tesoreria è, in sostanza, indice di una spesa strutturalmente superiore alle entrate e, pertanto, comporta la necessità di identificare rimedi particolarmente complessi e incisivi rivolti alla riduzione della spesa e all’incremento delle entrate ordinarie.
Il frequente ricorso ad anticipazioni di tesoreria comporta, altresì, spese per interessi passivi che l’ente potrebbe evitare avviando un percorso di maggiore cura e rigore, in tema di programmazione finanziaria, nell’applicazione del principio della competenza finanziaria.
In via del tutto simmetrica, assume particolare rilievo la gestione delle entrate con destinazione specifica (art. 195 TUEL), in quanto, secondo il principio della prudenza, la relativa movimentazione dev’essere analiticamente programmata al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi prestabiliti e posti a base delle fonti di finanziamento, strumenti questi ultimi di diretta copertura delle spese. È, pertanto, indispensabile dare evidenza, nella nota integrativa, del rispetto della destinazione delle quote vincolate, in caso contrario la gestione assumerebbe una conformazione del tutto estemporanea, priva di pianificazione e impeditiva dei controlli necessari rispetto alla loro movimentazione.
A mente dell’art. 195 del TUEL (cfr. sul punto anche il principio contabile n. 10 dell’allegato 4/2 al d.lgs. 118/2011), gli enti locali, ad eccezione degli enti in stato di dissesto finanziario sino all’emanazione del decreto di cui all’ articolo 261, comma 3, possono disporre l’utilizzo, in termini di cassa, delle entrate vincolate di cui all’art. 180, comma 3, lettera d) per il finanziamento di spese correnti, anche se provenienti dall’assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo non superiore all’anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell’ articolo 222. Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione deve essere ricostituita la consistenza delle somme vincolate utilizzate per il pagamento di spese correnti.
Quindi, il legislatore consente l’utilizzo eccezionale delle entrate vincolate per finanziare spese differenti da quelle per le quali sono destinate, al fine di sopperire a momentanee carenze di liquidità (entro i limiti indicati dagli artt. 195 e 222 del TUEL), a condizione che le stesse vengano ricostituite in un ragionevole lasso temporale (entro l’esercizio).
Diversamente, l’utilizzo reiterato nel tempo è indice sintomatico non solo di gravi e persistenti squilibri strutturali, ma anche della costante violazione del principio di sana gestione finanziaria; a ciò si aggiunga che il ripetuto ricorso all’istituto in parola viola anche il principio di efficacia in quanto, distogliendo le risorse vincolate dalla loro funzione, potrebbe compromettere, o quantomeno rallentare, la realizzazione di un determinato scopo di pubblico interesse a svantaggio della comunità amministrata (Sezione Autonomie, delib. n. 31/2015/INPR).