Esclusione dei residui dal calcolo del FCDE: il warning della Corte dei conti

Nella contabilità armonizzata il fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) mira a garantire che gli accertamenti di entrate per le quali non vi è certezza in merito alla integrale riscuotibilità siano parzialmente sterilizzati al fine di evitare un incremento non sostenibile dei margini di spesa, con ciò preservando l’equilibrio di bilancio e la sana e prudente gestione: conseguentemente, come evidenziato recentemente dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Lombardia, nella delib. n. 65/2024/PRSE, depositata lo scorso 11 marzo, è essenziale farne un’applicazione estesa, limitando quanto più possibile le tipologie di entrate escluse dal calcolo.

Nell caso specifico i giudici hanno stigmatizzato il Comune che, a fronte di residui attivi registrati nel 2022 per quasi un milione di euro, aveva accantonato solo 2.500 a titolo di FCDE, limitandosi a considerare solo i residui relativi alla riscossione della TARI.

Come chiarito dalla Sezione delle Autonomie con la deliberazione del 30 novembre 2015, n. 32/2015/INPR, il FCDE è “un fondo rischi finalizzato a tutelare l’ente impedendo l’utilizzo di entrate di dubbia esigibilità a finanziamento di spese esigibili”; la scelta delle voci da non considerare è lasciata al singolo ente, il quale può decidere di fare riferimento alle tipologie o di scendere ad un maggiore livello di analisi, costituito dalle categorie, o dai capitoli, ferma restando la necessità di dare adeguata illustrazione nella Nota integrativa al bilancio.

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