Come ribadito recentemente dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Basilicata, nella delib. n. 26/2024/PRSP, depositata lo scorso 8 marzo, è necessario che il Comune provveda, sempre e comunque, a verificare attentamente le ragioni del mantenimento dei residui attivi e passivi (cfr. art. 3, comma 4, del D.lgs. n. 118/2011), effettuando una rigorosa verifica della sussistenza della fondatezza giuridica e dell’esigibilità dei crediti accertati, dell’affidabilità della scadenza dell’obbligazione prevista in occasione dell’accertamento o dell’impegno, del permanere delle posizioni debitorie effettive degli impegni assunti, della corretta classificazione e imputazione dei crediti e dei debiti in bilancio, al fine del mantenimento di quei residui attivi e passivi che possiedano effettivamente tutti i requisiti previsti dai vigenti principi contabili (cfr. punto 9.1 dell’Allegato 4/2 al D.lgs. n. 118/2011).
I giudici, in particolare, hanno evidenziato che, sebbene il punto 9.1 dell’Allegato 4/2 al D.lgs. n. 118/2011 non imponga automaticamente la cancellazione dei residui attivi trascorsi tre anni dalla scadenza del credito non riscosso, tuttavia, il mantenimento di quelli più risalenti costituisce un’evenienza eccezionale che deve essere oggetto di adeguata ponderazione da parte dell’ente locale (cfr. sez. reg. di contr. Lombardia, deliberazioni nn. 171/2023/PRSE, 17/2022/PRSP, 174/2022/PRSP, 315/2021/PRSP).
Conseguentemente, in sede di riaccertamento dei residui attivi e passivi, è necessario garantire la veridicità dei risultati di amministrazione, eliminando, in particolare, i residui attivi fondati su ragioni di credito insussistenti o per i quali non è più percorribile fruttuosamente l’esazione del credito stesso, verificando invece, per quelli passivi, le ragioni che impediscono il loro celere smaltimento.