La determinazione del fondo rischi esige un controllo minuzioso e puntuale del contenzioso ad esso afferente, dovendosi escludere un controllo a campione, così come, d’altronde, anche una quantificazione forfettaria del rischio di soccombenza, considerato che la quantificazione del fondo rischi richiede inderogabilmente un’analisi specifica delle singole poste e partite: è quanto ribadito recentemente dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Basilicata, nella delib. n. 18/2024/PRSE, depositata lo scorso 6 marzo.
D’altro canto, la giurisprudenza contabile ha avuto modo di sottolineare che “La quantificazione del fondo per il contenzioso richiede un attento e costante monitoraggio sulle liti, per le quali occorre procedere quanto meno annualmente alla stima del rischio di soccombenza e alla verifica del loro andamento” e che, a tale riguardo, occorre dotarsi “di un’apposita banca dati o, comunque, di un sistema di analisi e di stima delle controversie”(sez. reg. di contr. Sicilia, delib. n. 6/2019/SS.RR./PARI).
La classificazione delle passività potenziali, come noto, va svolta secondo i gradi del certo, del probabile, del possibile, e del remoto, dovendosi effettuare la distinzione tra debiti certi, passività probabili, passività possibili e passività da evento remoto secondo i seguenti criteri:
- il debito certo (indice di rischio 100%) è l’evento che si è concretizzato in una sentenza esecutiva, ma momentaneamente sospesa ex lege;
- la passività “probabile” (indice di rischio superiore al 51%) è quella in cui rientrano i casi di provvedimenti giurisdizionali non esecutivi, nonché i giudizi non ancora esitati in decisione, per cui sia stato formulato un giudizio di soccombenza di grande rilevanza, ed impone un ammontare di accantonamento che sia pari almeno alla suddetta percentuale (cfr. documento OIC n. 31 e la definizione dello IAS 37, in base al quale l’evento è probabile quando si ritiene sia più verosimile che il fatto si verifichi piuttosto che il contrario);
- la passività “possibile” (indice di rischio tra il 10% ed il 49%) è quella in relazione alla quale il fatto che l’evento si verifichi è inferiore al probabile (cfr. documento OIC n. 31, nonché dello IAS 37);
- la passività da evento “remoto” (indice di rischio inferiore al 10%), non prevede, infine, alcun accantonamento.
Sul punto, la giurisprudenza contabile, pur riconoscendo le difficoltà implicite nella valutazione dei rischi derivanti dal contenzioso, ha ribadito che “è necessario che l’ente faccia delle opportune e precise valutazioni (in parte, inevitabilmente, discrezionali) sulle variabili sopra indicate, che incidono direttamente sulla quantificazione del fondo. In particolare, la ragionevole determinazione della probabilità di soccombenza e dell’importo da corrispondere alla controparte sono elementi imprescindibili per consentire all’ente una corretta quantificazione degli impatti sul bilancio derivanti dal contenzioso, e la conseguente necessaria copertura attraverso un apposito accantonamento. Il metodo delineato dal principio contabile, pur con le sue difficoltà applicative, è l’unico che consente all’ente una quantificazione verosimile dei potenziali effetti nefasti del contenzioso, e ai soggetti esterni la verifica della congruità dell’accantonamento” (cfr. sez. reg. di contr. Toscana, delib. n. 168/2022).
Da tutto quanto sopra evidenziato, risulta evidente che ai suddetti principi debbano conformarsi tanto l’Ente, il quale è tenuto sia ad un’attenta ricognizione delle cause pendenti sia ad una corretta stima del rischio di soccombenza, quanto l’organo di revisione, che deve attestare la congruità dei relativi accantonamenti, in particolare nel risultato d’amministrazione a rendiconto, secondo quanto indicato dalla delibera della Sezione delle Autonomie n. 14/2017/INPR.
Centrale è il ruolo dell’organo di revisione in ordine alla corretta determinazione del fondo anzidetto: è lo stesso legislatore, infatti, a richiedere a tale organo approfondita e analitica “verifica”, che non si limiti all’ espressione di un mero giudizio. La “verifica” espressamente richiesta dal principio contabile, infatti, “consiste nell’accertamento della conformità al “diritto” della rappresentazione e del calcolo come sopra effettuato e riscontrato” (sez. reg. di contr. Campania, delib. n. 217/2019).
Con riferimento alle specifiche verifiche intestate all’organo di revisione sul fondo rischi è, inoltre, d’uopo rimarcare che nella delib. n. 167/2022/VSG, depositata il 25/11/2022, la Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna ha evidenziato come le stesse riguardino “… l’entità delle quote accantonate al fondo rischi, la cui indiscutibile esigenza di determinazione matematica non può risolversi nell’enunciazione di un mero giudizio valutativo, ma richiede al contrario un procedimento di apprendimento, frutto cioè di una ricognizione puntuale del contenzioso (secondo quanto indicato dal principio contabile e dalla deliberazione n. 14/2017/INPR della Sezione Autonomie), che si risolve nella formulazione di una vera e propria attestazione con valore di certezza”.
Alla luce di quanto sin qui esposto, attesa la doverosità dell’applicazione dei principi dell’armonizzazione contabile, la mancata ricognizione puntuale e periodica del contenzioso da parte dell’Ente, congiuntamente ad una stima meramente forfettaria del rischio di soccombenza, si pone in contrasto con i suddetti principi, determinando una possibile elusione dell’equilibrio di bilancio.