Come è noto, l’art. 21-quinquies della Legge n. 241/1990 consente di revocare il provvedimento amministrativo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o – salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici – di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.
All’amministrazione, in particolare, è consentito di esercitare il potere di revoca, anche di aggiudicazione di una gara, in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto del quale occorre dare atto nella motivazione del provvedimento di autotutela; l’esercizio di tale potere, peraltro, tenuto conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse che lo giustificano, non è subordinato al ricorrere di ipotesi tipiche tassativamente predeterminate dal legislatore.
I presupposti del valido esercizio dello ius poenitendi sono infatti definiti dall’art. 21-quinquies con formule lessicali (volutamente) generiche, venendo in rilievo l’esercizio di un potere che – a differenza di quello di annullamento d’ufficio che postula l’illegittimità dell’atto rimosso – esige solo una valutazione di opportunità, seppur ancorata alle condizioni legittimanti dettagliate all’art. 21-quinquies; sicché il valido esercizio dello stesso resta, comunque, rimesso a un apprezzamento ampiamente discrezionale dell’Amministrazione procedente sindacabile nei noti limiti della manifesta irragionevolezza o illogicità (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, sent. 6 maggio 2014, n. 2311).
In applicazione di tali principi, il TAR Campania, Salerno, sez. I, nella sent. 4 marzo 2024, n. 591, ha ritenuto legittima la revoca dell’aggiudicazione della concessione per la costruzione e la gestione di un’opera pubblica in ragione della sopravvenuta indisponibilità di due particelle incluse nell’area interessata, in quanto ricomprese in una procedura fallimentare.