L’imposta di soggiorno ha destinazione vincolata

Come evidenziato recentemente dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Liguria, nella delib. n. 6/2024/PAR, depositata lo scorso 19 febbraio, l’imposta di soggiorno ha una destinazione vincolata volta a garantire un più economico perseguimento dei fini istituzionali, elencati dall’4, comma 1, del Decreto Legislativo n. 23/2011, secondo cui il gettito è destinato esclusivamente a finanziare interventi in materia di turismo e promozione della città, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei servizi pubblici locali finalizzati al turismo ed alla cultura.

Già in precedente la sez. reg. di contr. Veneto, con la delib. n. 52/2023/PAR, ha chiarito che l’imposta di soggiorno configura una “imposta di scopo”, basata cioè sulla correlazione prelievo beneficio e diretta a determinare un miglior livello di accettazione del sacrificio richiesto. In altri termini, l’art. 4 finalizza l’impiego del gettito ottenuto dall’imposta esclusivamente per il finanziamento diretto ed immediato di interventi nel settore del turismo e di interventi ad esso connessi, mediante la previsione di un vincolo di destinazione incombente sulla relativa entrata.

L’esistenza di siffatto vincolo implica evidentemente che, nel bilancio dell’ente, tale entrata debba essere correlata esclusivamente a spese della tipologia indicata dal legislatore e non ad altre; diversamente, il vincolo normativa verrebbe disatteso e, dunque, violato. La suesposta premessa, fondata sull’esame della norma che prevede e disciplina l’imposta di soggiorno, non può che condurre alla esclusione della possibilità di utilizzare l’imposta in parola alla stregua di entrata afferente alla fiscalità generale.

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