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Fondo per la contrattazione decentrata integrativa: le ultime indicazioni della Corte dei conti

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 33, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2019 n. 34, convertito dalla legge 28 giugno 2019 n. 58, per garantire l’invarianza del valore medio pro- capite dell’apposito fondo per la contrattazione decentrata integrativa, deve essere preso in considerazione non solo il personale dirigenziale a tempo indeterminato, ma anche quello a tempo determinato e, in particolare, il personale dirigenziale assunto ai sensi dell’articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, sia nell’anno base che in quello di applicazione del limite”: è il principio di diritto enunciato dalla Corte dei conti, Sez. Autonomie, nella delib. n. 18/SEZAUT/2023/QMIG, depositata lo scorso 4 dicembre.

Il quesito sottoposto all’attenzione della Sezione Autonomie riguardava gli effetti dell’assunzione a tali fini di dirigenti a tempo determinato e, in particolare, di quelli assunti ai sensi dell’art. 110 del TUEL. Al riguardo, la Ragioneria generale dello Stato aveva reso due pareri (uno alla Conferenza delle regioni e delle province autonome e uno al Comune di Roma): il primo in data 1° settembre 2020, n. 179877 e il secondo in data 15 gennaio 2021, n. 12454, con cui ha affrontato taluni aspetti applicativi di dette disposizioni e, in particolare, l’applicabilità delle predette norme alle assunzioni a tempo determinato.

In forza della collocazione del periodo in una norma che concerne l’incremento della capacità di assunzioni a tempo indeterminato, secondo il dicastero, deve essere preso in considerazione ai fini dell’adeguamento, in aumento o in diminuzione, del limite, unicamente il personale con contratto a tempo indeterminato che accede alle risorse accessorie, escludendo pertanto, diversamente dai conteggi indicati per la valorizzazione del valore medio pro-capite, il personale con contratto a tempo determinato ed avendo cura di escludere dal calcolo le assunzioni a tempo indeterminato di personale in precedenza in servizio a tempo determinato, il cui trattamento accessorio risulta già ricompreso nel fondo per la contrattazione integrativa.

La Sezione delle Autonomie, nel risolvere il quesito, ha preliminarmente ricordato che, sotto il profilo logico, la giurisprudenza interna e quella, primaziale, della Corte di giustizia dell’Unione europea, hanno da tempo valorizzato la direttiva 1999/70/CE, di recepimento dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (clausola 4, unto 1). Essa ha affermato il principio di non discriminazione tra rapporti di lavoro a tempo indeterminato e a tempo determinato, ivi compresi quelli pubblici (v. da ultimo ordinanza del 18 maggio 2022 -causa C 450/21): di conseguenza, tale quadro richiede che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia oggettivamente giustificato e che, in particolare, tale principio comporta di evitare differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili.

In particolare, è da osservare che entrambe le categorie di personale concorrono alla ripartizione dei fondi per la contrattazione integrativa previsti dal contratto collettivo nazionale di riferimento (articoli 1, 61 e 79 del CNNL Comparto Funzioni locali del 16 novembre 2022; articoli 1, 43 e 57 del CCNL Area dirigenti Funzioni locali del 17 dicembre 2020) e che partecipano dei detti emolumenti accessori.

In considerazione della sostanziale omogeneità dei trattamenti risulterebbe paradossale che una determinata categoria di personale rientrasse tra i soggetti che partecipano agli impieghi del fondo per il trattamento accessorio ma non tra quelli che possono incrementarlo.

Sotto il profilo sistematico, non considerare anche il personale a tempo determinato, produrrebbe non solo l’effetto di ridurre il trattamento accessorio anche per i dipendenti a tempo indeterminato e di disincentivare il ricorso a quelli a tempo determinato (al fine di non determinare tale effetto riduttivo). Si tratterebbe di una tendenza opposta rispetto a quella attualmente compulsata dal legislatore per sopperire a carenze di personale, specialmente di profilo tecnico.

Seguendo la stessa logica, non vi sono motivi per escludere il personale assunto a tempo determinato ex art. 110 del TUEL, considerato che gli incarichi relativi sono, a tutti gli effetti, gestionali, pur se connotati dalle particolari modalità di costituzione e cessazione del rapporto.

Tale avviso si pone in sintonia con l’oggettiva ratio legis, rappresentata dalla volontà di garantire comunque l’invarianza del valore medio pro capite del trattamento accessorio, a fronte di un ampliamento della possibilità di procedere ad assunzioni per gli enti locali. Inoltre, detta interpretazione comunque non dovrebbe pregiudicare la sostenibilità finanziaria delle relative spese, in quanto la possibilità di effettuare assunzioni è riservata ai soli comuni “virtuosi”.

Infine, la Sezione ha evidenziato che i rapporti a tempo determinato incardinati nell’ente locale sono soggetti a limiti di legge e la loro influenza nella determinazione del fondo può comportare variazione in aumento del trattamento accessorio complessivo, ma anche in diminuzione, in ragione del progressivo ed eventuale riassorbimento del personale a tempo determinato, conseguente alla cessazione dei rapporti, preservando comunque l’invarianza del valore medio pro capite.