Ai sensi dell’art. 74 del R.D. n. 2440/1923 nonché degli artt. 178 e 188 e ss. del R.D. n. 827/1924, richiamati dall’art. 93 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000), ai fini del configurarsi della responsabilità dell’agente contabile incaricato della riscossione dei tributi comunali, la Procura deve provare unicamente i fatti costitutivi della pretesa risarcitoria dedotta in giudizio, ovverosia l’esistenza del rapporto da cui derivano gli obblighi di riscossione e di riversamento gravanti sul medesimo e la divergenza tra le prestazioni concretamente eseguite e quelle a cui l’agente contabile era tenuto, trattandosi di una forma aggravata di responsabilità, la quale comporta l’inversione dell’onere della prova.
In pratica, come ricordato recentemente dalla Corte dei conti, sez. giurisd. Marche, nella sent. n. 91/2023, depositata lo scorso 31 ottobre, è sufficiente che la Procura dimostri la qualità di agente contabile e l’esistenza dell’ammanco o dell’omesso riversamento delle somme di pertinenza dell’Amministrazione, spettando all’agente contabile provare che la perdita riscontrata non sia a lui imputabile bensì dipenda da causa di forza maggiore.
Pertanto, nell’ambito del giudizio di responsabilità contabile assumono rilevanza:
- da un lato, l’obbligo di restituzione del denaro o dei valori di pertinenza dell’ente pubblico,
- da un altro lato, l’ingiustificata inosservanza, da parte dell’agente contabile, degli obblighi correlati al peculiare servizio svolto, inosservanza che abbia determinato il danno al cui ristoro mira l’azione promossa dal P.M.