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Crediti esclusi dal calcolo del FCDE: il warning della Corte dei conti

Secondo quanto previsto dal principio di cui al paragrafo 3.3 dell’Allegato 4/2 al d.lgs. 118/2011, se l’ente non considera di dubbia e difficile esazione alcune entrate e, dunque, non provvede, in relazione alle stesse, ad alcun accantonamento, “è necessario dare adeguata illustrazione nella Nota integrativa al bilancio”: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per la Lombardia, nella delib. n.171/2023/PRSE, depositata lo scorso 25 luglio.

Il fondo crediti di dubbia e difficile esigibilità costituisce un istituto fondamentale della nuova contabilità finanziaria, finalizzato ad evitare, in un’ottica di prevenzione di futuri squilibri di bilancio, che l’Amministrazione locale, per finanziare le proprie uscite, possa utilizzare entrate per le quali l’effettivo incasso è incerto; per tali ragioni è necessario che la scelta di non effettuare alcun accantonamento su alcune tipologie di crediti sia adeguatamente ponderata e, dunque, illustrata nella nota integrativa al bilancio di previsione al fine di dare conto della scelta effettuata e della rispondenza della stessa alle regole di prudenza contabile e, più in generale, di buona amministrazione.

Il rischio per la tenuta degli equilibri di bilancio dell’ente deriva, infatti, dall’iscrizione fra i residui attivi di importi consistenti, che contribuiscono alla realizzazione dell’avanzo di amministrazione disponibile, senza alcun accantonamento prudenziale connesso all’eventualità di mancato incasso integrale dei crediti iscritti. L’omesso accantonamento, nei termini suesposti, in presenza di una parte disponibile di risultato di amministrazione non elevato potrebbe, difatti, in caso di sottostima dell’importo accantonato a titolo di FCDE, dissimulare un disavanzo non rilevato.