Richiesta di accesso a documenti inesistenti: le indicazioni della giurisprudenza

Come è noto, secondo la giurisprudenza (cfr., ad esempio,  TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. 2 marzo 2022, n. 2485), se determinati documenti che sono legittimamente richiesti dal privato, non risultino esistenti negli archivi dell’Amministrazione che li dovrebbe detenere per ragioni di servizio, quest’ultima è tenuta a certificarlo, così da attestarne l’inesistenza e fornire adeguata certezza al richiedente per quanto necessario a consentirgli di determinarsi sulla base di un quadro giuridico e provvedimentale completo ed esaustivo; trattandosi di applicare la regola generale ad impossibilia nemo tenetur, anche nei procedimenti di accesso ai documenti amministrativi l’esercizio del relativo diritto non può che riguardare, per evidenti motivi di buon senso e ragionevolezza, i documenti esistenti e non anche quelli distrutti o comunque irreperibili o mai posti in essere (pur essendo doverosa la loro redazione).

Ciò posto non è tuttavia sufficiente – al fine di dimostrare l’oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull’amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso – la mera e indimostrata affermazione in ordine all’indisponibilità degli atti, spettando all’Amministrazione destinataria dell’istanza di accesso l’indicazione, sotto la propria responsabilità, degli atti inesistenti o indisponibili che non è in grado di esibire, con l’obbligo di dare dettagliato conto delle ragioni concrete di tale impossibilità e non essendo sufficiente una mera affermazione della loro inesistenza negli scritti difensivi (T.A.R. , Milano , sez. III , 11/10/2019 , n. 2131) o in semplici note interne.

In simili situazioni, l’Amministrazione è tenuta infatti ad eseguire con la massima accuratezza e diligenza sollecite ricerche per rinvenire i documenti chiesti in visione e a dare conto al privato delle ragioni dell’impossibilità di ricostruire gli atti mancanti, delle eventuali responsabilità connesse a tale mancanza (smarrimento, sottrazione, ecc.) e dell’adozione degli atti di natura archivistica che accertino lo smarrimento/irreperibilità in via definitiva dei documenti medesimi.

Ne scaturisce, in sostanza, l’illegittimità di un mero diniego, ovvero di una negazione di accesso che si basi unicamente sulla dichiarazione di irreperibilità dei documenti oggetto della richiesta, senza l’indicazione delle modalità di conservazione degli atti invocati in visione, delle ragioni del loro smarrimento e delle ricerche in concreto compiute.

Applicando i suddetti principi, il TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, nella sent. 29 giugno 2023, n. 952, ha ritenuto corretto l’operato di un Consorzio che, dinanzi ad un’istanza di accesso avente ad oggetto la documentazione riguardante l’avvenuto trasferimento di somme regionali destinate al pagamento di una prestazione professionale resa dall’istante, aveva dichiarato l’inesistenza di alcuna documentazione nuova ed ulteriore rispetto a quella già in possesso dell’interessato, non essendoci ancora stata l’erogazione del trasferimento da parte della regione. Secondo i giudici calabresi, le affermazioni di riscontro del Consorzio potevano considerarsi sufficiente per ritenere esaurito l’accesso richiesto dall’interessato, quantunque in termini per lui infruttuosi, né era esigibile una formalità specifica o formule sacramentali per darne giuridica rilevanza (in argomento, v. anche TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. I, sent. 17 maggio 2022, n. 349).

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