L’anticipazione di cassa non può diventare forma sistematica di finanziamento

Il ricorso ad anticipazioni di cassa, previsto dall’art. 222 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000), si configura come una soluzione di breve periodo per superare transitorie situazioni di scarsa o insufficiente liquidità e non può, invece, ritenersi forma sistematica di finanziamento dell’ente locale, peraltro spesso particolarmente onerosa in quanto, come evidenziato dalla disposizione che disciplina l’istituto, il ricorso a tale formula di finanziamento dà luogo ad un costo risultante dall’interesse sulle somme anticipate da pagare all’istituto tesoriere: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Emilia-Romagna, nella delib. n. 89/2023/VSG, depositata lo scorso 28 giugno.

Il ricorso alle anticipazioni di tesoreria, soprattutto se reiterato nel tempo e ove si verifichi oltre i limiti di legge, oltre a produrre un aggravio finanziario per l’Ente, costituisce il sintomo di latenti squilibri nella gestione di competenza e, nei casi più gravi, potrebbe configurare una violazione del disposto dell’art. 119 Cost., tracimando in una forma surrettizia di “indebitamento”, con il rischio di finanziare spese diverse da quelle di investimento.

In sintesi, “si tratta di uno strumento sottoposto dalla legge a rigidi limiti quantitativi e procedimentali, finalizzato a fronteggiare momentanee e improrogabili esigenze di cassa derivanti dallo sfasamento cronologico che può verificarsi tra pagamenti e riscossioni. L’anticipazione di tesoreria è quindi una fattispecie di carattere eccezionale” ed “è necessario, pertanto, che l’anticipazione di tesoreria sia di breve durata e non costituisca surrettiziamente un mezzo di copertura alternativo della spesa” (Corte dei conti, sez. reg. contr. Puglia, delib. n. 89/PRPS/2017).

image_pdfScarica PDF articoloimage_printStampa articolo
Condividi!

Caricamento riuscito. Grazie!