Esclusa la transazione novativa tra P.A. e operatore economico nel settore degli appalti pubblici

In ambito pubblicistico deve ritenersi praticabile una transazione c.d. “semplice”, ossia semplicemente modificativa della situazione giuridica dedotta in lite, mentre deve escludersi l’ammissibilità di una transazione “novativa”, intesa come accordo mediante il quale si instaura con l’appaltatore un nuovo e diverso rapporto contrattuale, per soddisfare un interesse diverso da quello dedotto nel contratto originario concluso a seguito di una procedura ad evidenza pubblica: è quanto evidenziato dall’ANAC nel parere funzione consultiva n. 23 dello scorso 17 maggio.

Il carattere imperativo ed indisponibile dei sistemi di affidamento degli appalti pubblici preclude, quindi, la conclusione di accordi transattivi che, alterando sostanzialmente e radicalmente l’assetto negoziale definito con l’aggiudicazione, si ponga come fonte nuova del rapporto e si atteggi come un diverso titolo dell’affidamento dell’appalto, in violazione delle disposizioni inderogabili che regolano la scelta del contraente e la definizione del contenuto del contratto.

Sulla base di tali considerazioni, è stato quindi osservato che “la conclusione di un accordo transattivo tra amministrazione aggiudicatrice ed appaltatore al fine di tacitare le pretese avanzate da quest’ultimo in sede giurisdizionale in cambio di un nuovo affidamento di lavori, determina un grave vulnus agli equilibri concorrenziali. Le procedure di affidamento sono, infatti, rigorosamente soggette alla normativa comunitaria e nazionale a tutela della libera concorrenza e non possono essere oggetto di scambi transattivi in termini di “affidamento lavori/rinuncia alle liti” (delib. n. 10 del 19 marzo 2008).

Secondo l’Autorità, non appare, quindi, conforme alla disciplina di settore un’ipotesi di transazione di controversie relativa a diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici, con la quale si proceda ad assegnare l’esecuzione di nuove opere all’appaltatore originario, o a riassegnare le stesse opere all’appaltatore con il quale sia intervenuta una risoluzione contrattuale, trattandosi di modalità di affidamento di appalti pubblici in violazione delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016), contemplante sistemi di aggiudicazione dei contratti pubblici tassativi e improntati al rispetto dei principi indicati all’art. 30, con particolare riferimento ai principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel Codice.

 

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