L’impiego reiterato dell’anticipazione di tesoreria, oltre a rappresentare un comportamento evidentemente difforme dalla sana gestione finanziaria, dimostra l’esistenza di squilibri di bilancio che potrebbero pregiudicare seriamente la sana gestione finanziaria dell’ente: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Abruzzo, nella delib. n. 187/2023/PRSE, depositata lo scorso 12 giugno.
Secondo i giudici, il ricorso all’anticipazione generalmente è l’effetto della verosimile presenza in bilancio di residui attivi insussistenti o di dubbia esigibilità, la cui mancata eliminazione fa sì che non emergano disavanzi della gestione residui e non risulti, quindi, l’obbligo dell’ente al reperimento delle risorse indispensabili a finanziare lo squilibrio di cassa.
Nel caso specifico, inoltre, la Corte ha anche stigmatizzato la mancata restituzione integrale a fine anno dell’anticipazione ricevuta, raccomandando al contempo un’attenta analisi della gestione della cassa dell’ente, allo scopo di individuare l’origine degli scompensi prodotti rispetto al bilancio di
Competenza: solo in tal modo sarà possibile adottare le misure correttive necessarie per evitare che le disfunzioni rilevate non si ripetano nel futuro, riconducendo definitivamente il ricorso all’anticipazione di tesoreria ad un ambito fisiologico.