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L’FCDE non può essere calcolato solo con riferimento alla TARI

Non è conforme ai principi contabili l’inclusione, tra le entrate possono dare luogo a crediti di dubbia e difficile esazione, delle sole entrate relative alla TARI: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per l’Emilia-Romagna, nella delib. n. 85/2023/PRSE, depositata lo scorso 12 giugno.

A tale riguardo, i giudici hanno rammentato che, in base all’art. 167 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) ed all’Allegato n. 4/2 al Decreto Legislativo n. 118/2011, in occasione della redazione del rendiconto va verificata la congruità del fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE) accantonata nel risultato di amministrazione, facendo riferimento all’importo complessivo dei residui attivi, sia di competenza dell’esercizio cui si riferisce il rendiconto, sia degli esercizi precedenti. A tal fine, si provvede innanzitutto a determinare, per ciascuna delle categorie di entrate che possono dare luogo a crediti di dubbia e difficile esazione, l’importo dei residui complessivi (come risultano alla fine dell’esercizio appena concluso, a seguito dell’operazione di riaccertamento ordinario).

La scelta del livello di analisi è lasciata al singolo ente, il quale può decidere di fare riferimento alle tipologie o di scendere ad un maggiore livello di analisi, costituito dalle categorie, o dai capitoli.

La percentuale di accantonamento da applicare ad ogni voce di entrata, per determinare l’entità dell’accantonamento al fondo, è analiticamente determinata dall’All. 4/2 richiamato, facendo riferimento alle medie di riscossione degli esercizi precedenti.

La giurisprudenza ha già chiarito che, nella scelta delle tipologie di entrate sulle quali determinare il fondo crediti di dubbia esigibilità, va tenuto conto di tutte le entrate per le quali siano evidenti le difficoltà nella riscossione (sez. reg. contr. Calabria, delib. n. 48/2022/PRSP), a tal fine richiamando il principio contabile generale della prudenza (All. 1 al Decreto Legislativo n. 118/2011).

La Corte ha invitato l’Ente ad un attento monitoraggio delle riscossioni sulle entrate proprie ed a considerare, ai fini del calcolo del fondo crediti di dubbia esigibilità da accantonare, tutte le categorie di entrata che negli esercizi precedenti abbiamo fatto registrare, in maniera non episodica, percentuali di riscossione inferiori al 100%.

Una corretta determinazione del fondo crediti di dubbia esigibilità non esime, in ogni caso, il Comune dall’attuare tempestivi interventi correttivi al fine di migliorare la riscossione. Ed infatti, come affermato in passato dalla giurisprudenza contabile (cfr., ad esempio, sez. reg. di contr. per l’Emilia-Romagna, deliberazioni nn. 35/2023/PRSE, 34/2023/PRSE, 174/2022/PRSE, 107/2022/PRSE, 90/2022/PRSE), una scarsa capacità di riscossione, rischiando di incidere sull’effettiva disponibilità, in termini di cassa, delle entrate previste a preventivo per il finanziamento dei programmi di spesa dell’Ente, rischia di renderne vulnerabili gli equilibri finanziari qualora finisca con l’implicare una sovrastima dei crediti e, conseguentemente, del risultato di amministrazione.

Gli accantonamenti al fondo crediti di dubbia esigibilità, conseguenti alle difficoltà sul lato della riscossione, per quanto in grado di neutralizzare tali effetti sul risultato di amministrazione, non possono essere considerati risolutivi in una prospettiva di lungo periodo, entro la quale l’Ente deve provvedere ad azionare opportune leve organizzative che consentano l’effettiva affluenza di entrate in bilancio, tali da consentire una programmazione delle spese volta ad approntare le necessarie misure per soddisfare i bisogni della collettività.

La Corte ha ritenuto necessario, inoltre, rammentare che la riscossione dei tributi, in particolare, è attività necessaria ed indispensabile per garantire risorse al Comune. Dal principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria si ricava l’irrinunciabilità della potestà impositiva, con i corollari della non prorogabilità del recupero delle somme a tale titolo dovute e della necessità che l’azione del Comune sia tempestivamente volta ad evitare la prescrizione del credito tributario.

Deve, quindi, essere posta in evidenza la sostanziale illiceità di qualsiasi azione od omissione volta non solo a procrastinare l’adempimento degli obblighi tributari ma, anche, la non solerte gestione della riscossione degli stessi (cfr., tra le moltissime: sez. reg. contr. Emilia-Romagna, deliberazioni n. 146/2022/PRSE, 113/2022/PRSE).