Il mantenimento di residui attivi eventualmente inesigibili nel conto del bilancio incide sull’attendibilità del risultato contabile di amministrazione e sulla formazione dell’avanzo di amministrazione che può risultare sussistente solo sotto il profilo contabile: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Emilia-Romagna, nella delib. n. 84/2023/PRSE, depositata lo scorso 8 giugno.
I giudici hanno richiamato l’attenzione sull’esigenza di operare una rigorosa ed attenta verifica delle voci classificate nei residui, finalizzata a mantenere in bilancio solo quelle per le quali la riscossione/pagamento possa essere previsto con un ragionevole grado di certezza; infatti, al fine di conferire veridicità ed attendibilità al bilancio dell’Amministrazione locale, il legislatore ha stabilito che al termine di ciascun esercizio, prima dell’inserimento in bilancio dei residui, l’ente debba procedere ad una specifica operazione di riaccertamento tesa a verificare le posizioni creditorie/debitorie.
Considerata la finalità della norma, deve trattarsi di un controllo sostanziale e non solo formale: l’ente, cioè, non può limitarsi a verificare la ragione, il titolo giuridico, la giustificazione delle singole poste, ma deve accertare l’effettivo obbligo di riscuotere il credito e pagare il debito, attraverso un prudente apprezzamento dell’esistenza dei requisiti essenziali previsti dall’ordinamento.
Solo un’accurata e ponderata attività di previsione “a monte” e di accertamento nel corso dell’esercizio (e non alla fine dello stesso), può preservare l’ente locale dall’irregolare “accumulo” di residui attivi che, se di rilevante consistenza e difficile, se non impossibile, riscuotibilità, possono incidere in maniera determinante sull’effettiva disponibilità di cassa dell’ente.
Partendo dall’indefettibile principio generale della indisponibilità dell’obbligazione tributaria riconducibile ai principi di capacità contributiva (art. 53, comma 1, Cost.) ed imparzialità nell’azione della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.), espressione entrambi del più generale principio di eguaglianza nell’ambito dei rapporti tributari, si giunge alla considerazione che la riscossione dei tributi diviene attività necessaria ed indispensabile per garantire risorse al Comune.
Dall’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, vincolata ed ex lege, si ricava, quindi, la conclusione circa l’irrinunciabilità della potestà impositiva, con i corollari della non prorogabilità del recupero delle somme a tale titolo dovute e della necessità che l’azione del Comune sia tempestivamente volta ad evitare la prescrizione del credito tributario.
La capacità di riscossione, incidendo sull’effettiva disponibilità, in termini di cassa, delle entrate previste a preventivo per il finanziamento dei programmi di spesa dell’ente, rileva ai fini della salvaguardia degli equilibri finanziari dell’ente qualora finisca con l’implicare una sovrastima dei crediti e, conseguentemente, del risultato di amministrazione.
Gli eventuali accantonamenti al FCDE conseguenti alle difficoltà sul lato della riscossione, per quanto in grado di neutralizzare tali effetti, non possono essere considerati risolutivi in una prospettiva di lungo periodo, entro la quale l’ente deve provvedere ad azionare opportune leve organizzative che consentano l’effettiva affluenza di entrate in bilancio tali da consentire una programmazione delle spese volta ad approntare le necessarie misure per soddisfare i bisogni della collettività.