L’art. 3, comma 1, lett. iii), del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016) definisce l’accordo quadro come “l’accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda il prezzo e, se del caso, le quantità previste”.
La giurisprudenza amministrativa ha, in proposito, affermato che l’accordo quadro “costituisce una procedura di selezione del contraente (che non postula alcuna deroga ai principi di trasparenza e completezza dell’offerta) allo scopo di semplificare, sotto il profilo amministrativo, il processo d’aggiudicazione dei contratti fra una o più stazioni appaltanti ed uno o più operatori economici, individuando futuri contraenti, prefissando condizioni e clausole relative agli appalti in un dato arco temporale massimo, con l’indicazione dei prezzi e, se del caso, delle quantità previste […] in particolare, questa fattispecie contrattuale è particolarmente utile per le pubbliche amministrazioni quando non sono in grado di predeterminare, in maniera precisa e circostanziata, i quantitativi dei beni da acquistare […]” (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 6 agosto 2021, n. 5785). Infatti, l’accordo quadro costituisce un pactum de modo contrahendi, ossia un contratto normativo, dal quale non scaturiscono effetti reali o obbligatori e la cui efficacia consiste nel vincolare, alla disciplina fissata con l’accordo quadro, la successiva manifestazione di volontà delle parti contraenti nella stipula dei c.d. contratti esecutivi (TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II, sent. 1° ottobre 2021, n. 816; TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 18 maggio 2020, n. 840).
Come ricordato dal TAR Lazio, Roma, sez. III, nella sent. 22 maggio 2023, n. 8633, partendo dalla definizione normativa di accordo quadro e dagli essenziali rilievi giurisprudenziali testé richiamati in ordine alla natura e alla funzione di tale tipologia di contratto pubblico, può porsi in rilievo che l’operatore che si aggiudica la gara per l’affidamento di un accordo quadro non acquisisce il diritto di rendere il servizio o di erogare la fornitura richiesta dalla stazione appaltante nella misura della quantità e/o dell’importo massimo indicati nella lex specialis. L’operatore aggiudicatario, invero, diviene la controparte contrattuale della stazione appaltante in relazione ai singoli e specifici contratti esecutivi dell’accordo quadro, il cui numero non è predeterminabile a priori e che sono destinati ad essere stipulati, di volta in volta, a seconda delle esigenze e del fabbisogno che l’ente aggiudicatore intende soddisfare durante l’arco temporale di validità dell’accordo quadro, fermo restando il rispetto degli autovincoli relativi all’importo e/o alla quantità massima originariamente fissati dalla lex specialis.
Secondo la giurisprudenza, “se l’accordo quadro può considerarsi ‘rigido’, per quanto riguarda i soggetti stipulanti, a diversa conclusione deve pervenirsi con riferimento ai beneficiari della fornitura da esso veicolata ed alla concreta quantificazione della stessa, la cui specificazione è suscettibile di subire modifiche durante il periodo di efficacia dello stesso, entro i limiti, essenzialmente ‘quantitativi’, senza che ne risulti tradita o depotenziata l’originaria matrice concorrenziale, insita nelle regole di trasparenza e par condicio che ne hanno contrassegnato il procedimento di aggiudicazione (Cons. St. n. 5489/2018). Nella più volte citata sentenza della Corte di Giustizia [CGUE, sez. VIII, 19 dicembre 2018, in C-216/17, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – Antitrust e Coopservice contro ASST et al., in Racc. digitale, n.d.r.] è stato chiaramente affermato che è necessario fissare il solo importo massimo al fine di garantire il rispetto dei principi della parità di trattamento, di non discriminazione e di trasparenza […]. La fissazione dell’importo massimo rende legittima la lex specialis, in quanto predetermina in maniera chiara il limite quantitativo dello sforzo organizzativo, che potrà essere richiesto al fornitore, il quale, in quanto aggiudicatario di un accordo quadro e non di un ordinario appalto, non può pretendere una precisa determinazione delle clausole degli ordinativi” (CGARS, sez. I, sent. 17 febbraio 2020, n. 127).
Da tali arresti giurisprudenziali, secondo i giudici romani nella citata sent. n. 8633/2023, emerge che ai fini della legittimità dell’affidamento dell’accordo quadro gli enti aggiudicatori sono tenuti a fissare nella lex specialis l’importo massimo di spesa: ciò in quanto, se è vero che la quantità di prestazioni che verrà effettivamente acquistata dagli enti aggiudicatori non deve necessariamente essere predeterminata ex ante in modo rigido e immodificabile, essendo suscettibile di specificazione durante il periodo di efficacia dell’accordo quadro, è altrettanto vero che deve essere predeterminato in maniera chiara il limite quantitativo dello sforzo organizzativo che potrà essere richiesto al fornitore. In ciò gioca un ruolo centrale la determinazione dell’importo massimo di spesa da parte degli enti aggiudicatori, posto che esso funge da limite al quantum delle prestazioni che possono essere legittimamente richieste all’aggiudicatario dell’accordo quadro attraverso la stipula dei susseguenti contratti attuativi.