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Appalti: le indicazioni dell’ANAC sulle corrette modalità di individuazione dei codici CPV

Con un comunicato del Presidente dello scorso 9 maggio, l’ANAC ha richiamato l’attenzione delle stazioni appaltanti ad un’attenta individuazione dei codici del vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) da indicare nelle procedure di affidamento.

L’utilizzo del CPV nei formulari è obbligatorio dal 1° febbraio 2006; tale nomenclatura è disciplinata dal regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio come modificato dal regolamento (CE) n. 213/2008 della Commissione, ed è richiamata dalle diverse direttive in materia di appalti e concessioni (art. 27 della direttiva 2014/23/UE; art. 23 della 2014/24/UE; art. 41 della direttiva 2014/25/UE; considerando 58 e diversi altri richiami contenuti nella direttiva 2009/81/CE).

Il Common Procurement Vocabulary consiste in un sistema unico europeo di  classificazione delle attività utilizzato per descrivere l’oggetto dei contratti da affidare; è utilizzato a fini statistici e di raccolta dati, ma la sua funziona primaria è quella di uniformare e standardizzare la descrizione dell’oggetto della gara indicato nel bando, fornendo un riferimento comune in tutte le lingue dell’Unione Europea.

L’utilizzo corretto di una nomenclatura unica consente di rimuovere le barriere linguistiche e di eliminare gli errori di traduzione, garantendo così una maggiore trasparenza delle procedure ed un incremento della concorrenza transfrontaliera: tramite i codici CPV, infatti, gli operatori economici possono ricercare nel TED, la banca dati elettronica dove sono pubblicati tutti i bandi europei, le gare pubbliche relative ai propri campi di interesse.

L’impropria attribuzione del codice CPV può avere rilevanti conseguenze.

Indicare un codice non congruente con la prestazione da affidare viola i principi di trasparenza e pubblicità che impongono, alle stazioni appaltanti, di fornire informazioni chiare e precise sulle procedure onde consentire una valutazione sulla legittimità del loro operato.

Allo stesso tempo, viola il principio di par condicio, poiché non consente a tutti gli operatori economici potenzialmente interessati di conoscere le opportunità effettivamente esistenti, con una conseguente violazione del principio di tutela della concorrenza.

Un codice CPV errato può determinare anche una violazione degli obblighi di pubblicità legale: se, ad esempio, viene indicato, erroneamente, nel bando un codice CPV per il quale è prevista una soglia di rilevanza comunitaria più alta (come nel caso dei servizi sociali e assimilati di cui all’allegato n XIV della direttiva 2014/24/UE) tale bando verrà pubblicato solo a livello nazionale e non in ambito europeo, determinando una lesione ancora maggiore della libera concorrenza.

Trasparenza, pubblicità e tutela della concorrenza sono funzionali a garantire efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa: pertanto, un codice CPV errato, in ultimo, determina una violazione del principio di buona amministrazione, impedendo un miglior utilizzo delle risorse pubbliche.
Infine, comunicare un CPV errato all’ANAC potrebbe costituire la comunicazione di un’informazione non veritiera, con conseguente possibile applicazione di sanzioni nei confronti della stazione appaltante.

Al fine di non commettere errori nell’indicazione dei CPV le stazioni appaltanti devono, pertanto, individuare il codice più in linea possibile con l’acquisto che intendono effettuare, tenendo presente anche la collocazione della voce prescelta nell’ambito della struttura del vocabolario.

Il CPV è composto:

  • da un vocabolario principale obbligatorio, costituito da un numero a nove cifre che identifica tutti i tipi di prestazioni e viene utilizzato per descrivere l’oggetto del contratto;
  • da un vocabolario supplementare eventuale, costituito da cinque caratteri (lettere e numeri) e si sostanzia in un elenco di attributi che completano la descrizione della prestazione precedentemente individuata dal CPV del vocabolario principale.

Di conseguenza, la ricerca e la selezione della voce o delle voci CPV del vocabolario principale che descrivono l’oggetto del contratto, costituiscono il momento fondamentale per assicurare la corretta informazione al mercato.

Il vocabolario principale è organizzato in una struttura gerarchicamente ordinata, ad albero, costituita da un primo livello di classificazione più generale, le divisioni, che a loro volta si ramificano in livelli ulteriori che dettagliano in modo sempre più specifico le prestazioni (gruppi, classi, categorie, sottocategorie).
Le divisioni sono identificate dalle prime due cifre delle nove che costituiscono il codice mentre ogni cifra successiva identifica un ulteriore livello di specificazione all’interno del livello precedente (divisione XX000000-Y; gruppo XXX00000-Y; classe XXXX0000-Y; categorie XXXXX000-Y. Le ultime tre cifre forniscono un grado di precisione supplementare all’interno di ogni categoria, il numero oltre il trattino è una cifra di controllo).

Le divisioni sono ripartite tra beni, lavori e servizi. La prima parte del vocabolario contiene divisioni relative ai beni (codici CPV che iniziano con 0 fino a includere 44 o 48); la seconda parte del vocabolario contiene le divisioni relative ai servizi (codici CPV che iniziano con 50 fino a 98 compreso). Un’unica divisione è dedicata ai lavori (codici CPV che iniziano con 45).

Le stazioni appaltanti che devono individuare le voci del CPV da indicare negli atti di gara possono ricercare i codici partendo dalla struttura del vocabolario oppure effettuando una ricerca tramite parola chiave.

Nel primo caso, la stazione appaltante esamina i titoli delle varie divisioni e individua quella di interesse, e procede poi, nello stesso modo, a selezionare i successivi livelli di classificazione, fino a identificare i codici che sta cercando; tale processo di selezione può apparire più lungo e oneroso ma consente di avere una chiara panoramica delle eventuali alternative e di definire i codici con estrema precisione.
Nel secondo caso, ricerca con parola chiave, vengono estrapolati tutti i codici che contengono una determinata parola chiave.

Tali codici possono appartenere alle divisioni più diverse. Questo tipo di ricerca non dà immediata evidenza della collocazione della voce nell’ambito della struttura gerarchica del vocabolario, né delle voci affini che, pur non contenendo tale parola chiave, potrebbero essere più confacenti. Per tale motivo, l’ANAC raccomanda di ripetere la ricerca utilizzando diverse parole chiave e di verificare sempre la coerenza tra l’oggetto del contratto e la prestazione identificata dal CPV selezionato, tenendo presente la divisione-gruppo-classe-categoria-sottocategoria cui tale CPV fa riferimento.

La ricerca della parola ‘‘software’’ all’interno del vocabolario è un esempio semplice, ma emblematico, di un possibile errore: tale ricerca estrapola numerosissime voci, alcune appartenenti alla divisione 48 che riguarda le forniture altre riguardanti la divisione 72 che contempla, invece, i servizi. Una volta selezionato il codice CPV è, pertanto, necessario verificare che i vari livelli di classificazione che quel codice identifica, siano corretti e coerenti con l’oggetto della procedura.

In conclusione, l’ANAC raccomanda alle stazioni appaltati:

  • di porre la massima attenzione nell’individuare il codice CPV del vocabolario principale, verificando che l’oggetto del contratto da affidare risulti coerente con la prestazione identificata dal codice CPV prescelto, sia con riferimento alla descrizione della prestazione, sia con riferimento alla struttura gerarchica nella quale tale CPV è inserito;
  • di individuare codici CPV del vocabolario principale con un livello di classificazione non inferiore alle categorie, ossia codici con almeno cinque cifre che indichino, quindi, divisione-gruppo-classe-categoria, visto che livelli di classificazione inferiori non garantiscono una descrizione sufficientemente specifica dell’oggetto della procedura.