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Richiesta di riduzione del canone concessorio: illegittimo il silenzio del Comune

È illegittimo il silenzio del Comune sulla richiesta di riduzione del canone concessorio, relativo all’uso di spazi di proprietà dell’ente: è quanto evidenziato dal TAR Lombardia, Milano, sez. I, nella sent. 11 aprile 2023, n. 878.

Il concessionario, secondo i giudici, è titolare di un interesse legittimo in dipendenza del rapporto concessorio di cui è parte: conseguentemente, sussiste l’obbligo dell’amministrazione di provvedere sulle istanze proposte e relative a detto rapporto, mediante un provvedimento espresso e motivato.

La giurisprudenza (cfr. tra le altre, TAR Campania, Napoli, sez. V, sent. 1° agosto 2019, n. 4225) precisa che l’obbligo giuridico di provvedere, ex art. 2 della Legge n. 241/1990, sussiste ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza ovvero debba essere iniziato d’ufficio, essendo il silenzio rifiuto un istituto riconducibile a inadempienza dell’Amministrazione, in rapporto a un sussistente obbligo di provvedere che, in ogni caso, deve corrispondere ad una situazione soggettiva protetta, qualificata come tale dall’ordinamento, rinvenibile anche al di là di un’espressa disposizione normativa che preveda la facoltà del privato di presentare un’istanza e, dunque, anche in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione (cfr., ex multis, TAR Puglia, Lecce, sez. III, sent. 23 febbraio 2017, n. 328).

Non solo: sicure esigenze di giustizia sostanziale impongono la conclusione del procedimento, in ossequio anche al dovere di correttezza e buona amministrazione, “in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia” (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 2318/2007).

In casi come questo, invero, la mancata risposta dell’amministrazione viola il “principio generale della doverosità dell’azione amministrativa”, integrato “con le regole di ragionevolezza e buona fede” (così TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. 23 gennaio 2013, n. 788).

Nel caso specifico, secondo i giudici, il concessionario, perché parte di specifico rapporto con l’amministrazione comunale, è portatore di un interesse alla modificazione del contenuto di essi, ma ciò implica l’esercizio del potere amministrativo, nel rispetto sia delle prerogative discrezionali del Comune, sia dei canoni generali che governano la relazione tra il privato e l’amministrazione parti di una concessione; pertanto sussiste una legittima aspettativa della ricorrente a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni – favorevoli o sfavorevoli che siano – dell’Amministrazione, che, di conseguenza, è obbligata a provvedere sullo specifico contenuto dell’istanze proposta.