Come è noto, l’art. 1, comma 166, della legge 23 dicembre 2005, prevede che ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria trasmettono, alle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, una relazione sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto dell’esercizio medesimo. La relazione (ossia, il c.d. “questionario”) è redatta, ai sensi del successivo comma 167, sulla base dei criteri e delle linee-guida predisposte dalla Corte dei conti.
L’art. 3, comma 1, lett. e), del DL n. 174/2012, convertito dalla Legge n. 213/2012, che ha introdotto nel TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) l’art. 148-bis “Rafforzamento del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali”, prevede inoltre che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali per la verifica:
- del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno;
- dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall’art. 119, sesto comma, della Costituzione;
- della sostenibilità dell’indebitamento;
- dell’assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti.
Ai fini della verifica in questione, la sezione regionale di controllo deve accertare che i rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in società alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici locali e di servizi strumentali (art. 148-bis, comma 2, del TUEL).
Anche gli esiti di tale attività di controllo, sono disciplinati dall’art. 148-bis, il quale prevede, al terzo comma, che qualora si accerti con specifica pronuncia della competente sezione regionale della Corte dei conti, la sussistenza di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il Patto di stabilità interno, l’ente locale interessato è tenuto ad adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione della delibera di accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio, nonché a trasmettere alla Corte i provvedimenti adottati, in modo che la magistratura contabile possa valutare, nei successivi trenta giorni, l’idoneità degli stessi alla rimozione delle irregolarità ed al ripristino gli equilibri di bilancio. Nel caso vi sia la mancata trasmissione dei provvedimenti correttivi, ovvero la loro valutazione abbia dato esito negativo, è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria.
Qualora, invece, le irregolarità riscontrate non siano gravi al punto di integrare le fattispecie sanzionabili nei termini di cui al terzo comma dell’art. 148-bis del TUEL, ma siano ritenute comunque sintomatiche del rischio di lesione dell’equilibrio finanziario suscettibile di evolversi, in prospettiva, in situazioni di deficitarietà o squilibrio strutturale, la Sezione regionale di controllo le segnala comunque all’Ente ed, in particolare, agli organi politici ed agli organi tecnici di controllo (responsabile dei servizi finanziari, revisori dei conti, segretario comunale), affinché adottino -ognuno per la parte di competenza – le opportune misure di recupero e/o incremento dell’efficienza gestionale.
La funzione di prevenzione di situazioni di pregiudizio irreparabile agli equilibri di bilancio è stata messa in luce dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale che si è pronunciata sulle tipologie di controllo de qua, estese alla generalità degli enti locali (v. sent. n. 60/2013). Tali controlli, definiti anche di terza generazione, si ascrivono alla categoria del riesame di legalità e regolarità finanziaria, e si dedicano a profili distinti rispetto a quelli del controllo sulla gestione amministrativa avente espressa natura collaborativa (cfr. art. 7, comma 7, Legge 5 giugno 2003, n. 131) poiché, partendo dal confronto tra fattispecie e parametro normativo, proiettano le amministrazioni pubbliche verso l’adozione di effettive misure correttive, funzionali a garantire l’equilibrio del bilancio e il rispetto delle regole contabili e finanziarie, attraverso uno specifico potere inibitorio volto ad evitare od attenuare il rischio di danni agli equilibri di bilancio (Corte Costituzionale, sentenza n. 39/2014).