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La colpa grave del dipendente pubblico nel procedimento di responsabilità erariale

La recente sent. n. 13/2023 della Corte dei conti, sez. giurisd. per il Veneto, depositata lo scorso 16 marzo, ha ribadito una serie di principi consolidati in materia di colpa grave del dipendente pubblico chiamato a rispondere di danno erariale.

In primo luogo, la colpa grave, dal punto di visto dell’elemento psicologico, è delineata dalla giurisprudenza quale “negligenza intollerabile” o “trascuratezza imperdonabile” ai propri doveri di servizio, cioè il non aver osservato non tanto la diligenza “media”, quanto la diligenza “minimale” che nella stessa situazione era lecito attendersi anche dal soggetto meno preparato e meno scrupoloso (cfr. sez. gurisd. Piemonte, sent. 25 del 17 febbraio 2012; sez. giurisd. Abruzzo, sent. 376 del 17 ottobre 2012); deve, cioè, sussistere un atteggiamento di “grave disinteresse” nell’espletamento delle proprie funzioni, di “negligenza massima”, di “deviazione dal modello di condotta” connesso ai propri compiti, senza il rispetto delle “comuni regole di comportamento” e senza l’osservanza di un “minimo grado di diligenza” (sez. giurisd. Abruzzo, sent. 462 del 18 luglio 2006).

In secondo luogo, il giudice, da parte sua, con valutazione da compiersi ex ante rispetto alle condotte contestate (cfr. Corte dei conti, sez. III, sent. n. 333/2018 e sent. n. 367/2021), deve riscontrare:

  • la conoscibilità e corretta individuazione da parte dell’agente della situazione gestionale tipica che richiedeva l’adempimento degli obblighi di servizio a contenuto cautelare (prudenza, diligenza e perizia);
  • la sussistenza delle condizioni operative per il loro adempimento;
  • l’inesistenza di circostanze anomale dell’agire che ne impediscano l’osservanza o falsino la percezione dell’agente circa il necessario adempimento degli obblighi cautelari.

Applicando tali principi, i giudici contabili veneti hanno escluso la colpa grave in capo ad un responsabile di un ufficio pubblico che, nonostante un preavviso negativo espresso dal suo predecessore, aveva comunque deciso di procedere alla corresponsione di un contributo pubblico (risultato successivamente non dovuto per carenze in capo al beneficiario), considerato che:

  • l’iter procedimentale era stato avviato da altri soggetti, in un ufficio temporaneamente privo di dirigente titolare;
  • vi era stata una riorganizzazione degli uffici interessati dalla vicenda amministrativa in contestazione che aveva comportato, tra l’altro, l’attivazione di un contenzioso da parte del funzionario che aveva curato, quale istruttore, la pratica e che era stato privato della propria
    posizione organizzativa;
  • il nuovo responsabile dell’ufficio era stato chiamato a valutare la regolarità amministrativo-contabile della concessione e/o la revoca di un contributo a lunga distanza di tempo dal decreto di concessione dello stesso ed era comunque tenuto a concludere il procedimento, quale r.u.p.;
  • le verifiche erano state svolte in collaborazione con altro funzionario, esperto nella materia dei contributi pubblici.