La decisione di creare una nuova partecipata non può basarsi su valutazioni effettuate da terzi

Non è conforme ai parametri previsti dal TUSP (Testo Unico delle società a partecipazione pubblica – Decreto Legislativo n. 175/2016) la deliberazione consiliare che, nel decidere l’istituzione di una nuova partecipata, non fornisce una motivazione analitica della decisione assunta ai sensi dell’art. 5 TUSP, ma appare indirizzata, più che altro, ad approvare valutazioni istruttorie contenute in documenti e atti adottati da altri enti: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per le Marche, nella delib. n. 70/2023/PRSP, depositata lo scorso 20 marzo.

Come è noto, il citato art. 5 disciplina in modo dettagliato, nei primi due commi, gli obblighi motivazionali gravanti sulla Pubblica Amministrazione allorché individui nello strumento societario il modello adeguato al raggiungimento dell’interesse pubblico; ad eccezione dei casi in cui la costituzione di una società o l’acquisto di partecipazioni avvenga in conformità ad espresse previsioni di legge, il contenuto della motivazione che l’amministrazione è tenuta a fornire nell’atto deliberativo risulta articolato e complesso, riguardando molteplici aspetti:

  • necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali (come declinate dall’art. 4 TUSP);
  • ragioni e finalità che giustificano la scelta, anche sul piano dellaconvenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato;
  • compatibilità con i principi di efficienza, diefficacia e di economicità dell’azione amministrativa;
  • compatibilità dell’interventofinanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese.

Secondo i giudici contabili, le valutazioni svolte da terzi in merito alla necessità di costituzione di una società consortile a cui il Comune intende partecipare (nel caso specifico, effettuate da un’Autorità di ambito per la gestione dei rifiuti) non possono, in ogni caso, sollevare l’amministrazione procedente dal suo specifico e peculiare obbligo istituzionale di vagliare la congruità e la convenienza economico-finanziaria dell’operazione, sia in considerazione delle risorse pubbliche utilizzate per l’acquisizione societaria e per il successivo affidamento del servizio, sia in considerazione delle ricadute sulla collettività amministrata delle scelte gestionali effettuate.

Non può, inoltre, ritenersi aprioristicamente adeguata, da parte delle amministrazioni comunali interessate, la scelta della creazione di un nuovo ulteriore organismo a partecipazione pubblica per il solo fatto che l’Autorità d’ambito decida di affidargli il servizio, così rischiando di pretermettere, in via pressoché sistematica, una concreta valutazione delle possibilità di assegnazione, tramite gara pubblica, di servizi potenzialmente contendibili sul mercato.

Secondo i giudici contabili, nel caso specifico, la delibera appariva “carente di un autonomo apprezzamento in merito alle circostanze legittimanti l’operazione societaria, trovandosi l’Ente quasi a “ratificare” una volontà già formatasi in precedenza ed in altra sede (Assemblea ATA). Del resto, anche la motivazione cd. per relationem dell’atto consiliare rispetto ad altro provvedimento in esso citato (delibere ATA), non dovrebbe limitarsi alla mera indicazione della fonte di riferimento, ma esplicitare, sia pure in via sintetica, i contenuti rilevanti ai fini della decisione di modo che gli stessi siano oggetto di autonoma valutazione da parte dell’Ente procedente”.

 

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