È inconferibile la responsabilità di una posizione organizzativa con funzioni dirigenziali ad un dipendente comunale condannato per il reato di abuso di ufficio: è quanto evidenziato dall’ANAC nell’atto del Presidente prot. 20084 dello scorso 13 marzo (fasc. UVCAT/947/2023).
La norma rilevante, nel caso specifico, è l’art. 3, comma 1, lett. c), del Decreto Legislativo n. 39/2013, secondo cui “a coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, non possono essere attribuiti: […] c) gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale, regionale e locale”.
L’applicabilità della norma richiede la compresenza di due diversi elementi, entrambi riscontrati nel caso specifico.
Il primo è rappresentato dall’esistenza di una sentenza, anche non definitiva, di condanna per uno dei reati rientranti nel catalogo previsto dal medesimo art. 3, ossia i delitti contro la P.A., tra i quali rientra l’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.).
Il secondo riguarda le caratteristiche dell’incarico da conferire, visto che la norma indica come rilevanti solo gli incarichi dirigenziali. Secondo l’ANAC, se la posizione organizzativa si accompagna alla responsabilità dell’ufficio, si viene ad integrare anche il secondo elemento necessario; a tal riguardo, infatti, l’Autorità, nella delibera n. 925/2017, ha affermato che “tutti gli incarichi dirigenziali interni ed esterni mediante i quali sia conferita la responsabilità di un servizio/ufficio, sono soggetti alla disciplina del d.lgs. n. 39/2013”.