Neanche l’accantonamento a FCDE, con il suo connaturale effetto compensativo e di sterilizzazione di tali residui, può ritenersi risolutivo in una prospettiva di lungo periodo delle mancate entrate proprie, poiché l’incremento di tale fondo rischia di portare, nel tempo, a un irrigidimento del bilancio dell’ente: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per l’Emilia-Romagna, nella delib. n. 34/2023/PRSE, depositata lo scorso 16 marzo.
Una progressiva crescita con effetti esponenziali nel tempo del FCDE, infatti, oltre a non fungere da rimedio all’incremento dei residui attivi, può essere foriero, in prospettiva, di disequilibri strutturali rischiando, nel lungo periodo, di ingessare l’ente paralizzando la sua capacità di spesa e, in ultima analisi, la gestione amministrativa dello stesso.
Al fine di reperire le risorse necessarie a finanziare la spesa corrente l’ente deve, quindi, in modo sistematico, adottare opportune misure organizzative atte a realizzare continuativamente le entrate così da consentire il sostenimento delle spese destinate a soddisfare i bisogni della collettività, pur sempre nel rispetto del principio di unità del bilancio.