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L’invarianza finanziaria del rimborso delle spese legali agli amministratori locali

L’art. 86, comma 5, secondo periodo, del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) subordina il rimborso ai propri amministratori delle spese legali da essi sostenute – in presenza dei presupposti previsti dalla legge – al rispetto del principio dell’invarianza finanziaria (“senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”).

La norma appena richiamata impone l’invarianza finanziaria sia per le spese sostenute dall’ente per assicurare i propri amministratori contro i rischi derivanti dall’espletamento del loro mandato, sia per il rimborso, in presenza degli specifici presupposti previsti dalla legge, ai propri amministratori delle spese legali sostenute da questi ultimi (dispone che “gli enti locali di cui all’articolo 2 del presente testo unico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato. Il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è ammissibile, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti: a) assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato; b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti; c) assenza di dolo o colpa grave”).

Come è stato chiarito dalla giurisprudenza contabile, la disposizione contenuta nel novellato comma 5 dell’art. 86 del TUEL (entrato in vigore in data 15 agosto 2015), “non impone al Comune una spesa obbligatoria com’è invece stabilito nei precedenti commi per il caso degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi (obbligatori), o per il caso del rimborso al datore di lavoro della quota annuale di accantonamento per l’indennità di fine rapporto. Il comma 5, invece, si limita a facoltizzare il Comune a destinare, in sede di bilancio, le risorse possibili sia per l’assicurazione degli amministratori sia per il rimborso delle spese legali da essi sopportate, nei casi ammessi, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica” (sez. reg. di contr. Basilicata, delib. n. 45/2017).

Circa l’interpretazione ed esatta delimitazione della clausola di invarianza finanziaria, la giurisprudenza contabile, più volte chiamata a pronunciarsi sulle problematiche giuridiche e contabili collegate a tale vincolo, ha registrato un contrasto che ha condotto all’emersione di due principali orientamenti, ben delineati dalla Sezione delle Autonomie nella delib. n. 17/SEZAUT/2021/QMIG.

Secondo un primo orientamento, il vincolo di invarianza finanziaria va valutato con riferimento al solo aggregato delle “spese di funzionamento”, dimodoché l’ente sarebbe tenuto ad assicurare che le spese di funzionamento dell’esercizio non superino l’ammontare delle spese di funzionamento sostenute nell’esercizio precedente, potendo, per garantire tale invarianza, eventualmente ridurre altre spese appartenenti allo stesso aggregato (sez. reg. di contr. Lombardia, delib. n. 452/2015/PAR e n. 470/2015/PAR; sez. reg. di contr. Puglia, delib. n. 33/2016/PAR e delib. n. 7/2018/PAR; sez. reg. di contr. Piemonte, delib. n.145/2016/PAR; sez. reg. di contr. Emilia-Romagna, delib. n.48/2016/PAR; Sez. controllo Molise, delib. n. 55/2018/PAR).

Al contrario, una seconda opzione ermeneutica ritiene che le clausole di invarianza finanziaria sovente utilizzate dal legislatore, al pari di quella in esame devono essere interpretate nel senso che la spesa di cui all’art. 86, comma. 5, TUEL può essere sostenuta nella misura in cui trovi copertura in risorse già presenti nel bilancio dell’ente locale, anche per effetto della riduzione di altre spese, attingendo alle ordinarie risorse finanziarie, umane e materiali di cui può disporre a legislazione vigente, in modo che sia salvaguardato il complessivo equilibrio finanziario dell’ente, almeno per la parte corrente, e non l’invarianza della singola voce di spesa che è partecipe di quell’equilibrio (sez. reg. di contr. Basilicata, delib. n. 37/2016/PAR; n. 39/2016/PAR e n. 45/2017/PAR, cui aderisce sez. reg. di contr. Abruzzo, delib. n. 127/2017/PAR).

La Sezione delle Autonomie, con la pronuncia sopra richiamata, aderisce al secondo dei due orientamenti, osservando in particolare che “La formulazione della norma in esame […] non consente di individuare uno specifico aggregato al quale fare riferimento per parametrare la clausola di invarianza finanziaria […]. Si condivide, pertanto, la posizione espressa dal secondo degli orientamenti giurisprudenziali richiamati, secondo cui, laddove il legislatore ha voluto imporre all’ammontare di una spesa un limite specifico, lo ha fatto espressamente, individuando l’aggregato a cui fare riferimento per delimitare l’incremento della spesa. Si richiamano, in proposito, a titolo esemplificativo, i limiti posti dall’art. 6 e dall’art. 9, comma 28, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, nonché dall’art. 1, comma 557- quater, legge 27 dicembre 2006, n. 296, in tema rispettivamente di riduzione dei costi degli apparati amministrativi, di contenimento della spesa in materia di pubblico impiego e di contenimento delle spese di personale”.

Peraltro, come già sottolineato da una parte della giurisprudenza contabile, il primo orientamento risulta di difficile applicazione concreta nel caso in cui si consideri, non tanto la spesa per assicurare gli amministratori locali “in quanto già ammessa dall’ordinamento, con l’effetto di subordinarne il mantenimento in bilancio alla condizione che il premio assicurativo non aumenti oltre il limite della spesa assunta a parametro”, quanto gli oneri per il rimborso delle loro spese legali. In tal caso, infatti, “sarebbe insormontabile la difficoltà di prevedere in bilancio risorse per la (nuova) spesa laddove fosse del tutto priva di precedenti (stanziamenti, impegni o pagamenti) sui quali calibrare l’invarianza finanziaria” (sez. reg. di contr. Basilicata, delib. n. 45/2017).

La Sezione delle Autonomie, in particolare, valorizza il legame della clausola di invarianza con il principio costituzionale di copertura delle spese di cui all’art. 81, comma 3, della Costituzione, osservando che, secondo tale disposizione, “il legislatore può introdurre nuovi o maggiori oneri solo indicando in modo specifico, anticipato e credibile, i mezzi per farvi fronte. Nel caso in cui il legislatore ritenga che dalla norma non debbano discendere nuovi oneri finanziari deve, dandone adeguata dimostrazione nella relazione illustrativa che accompagna la norma, introdurre la clausola di invarianza finanziaria, secondo cui dalla nuova disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica […]. Tale neutralità deve essere valutata con riferimento al bilancio complessivo dell’ente, che, anche a seguito dell’applicazione della norma, deve restare in equilibrio.

Quest’ultima soluzione […] consente all’ente che, contabilmente, abbia agito nel rispetto dei principi dettati dalla legge (ad esempio costituendo un congruo accantonamento a fondo rischi in considerazione del contenzioso che coinvolge i propri amministratori), di affrontare la spesa, garantendo, al contempo, il mantenimento dell’equilibrio pluriennale di parte corrente”.

In conclusione, la Sezione delle Autonomie ha enunciato il seguente principio di diritto: “Il vincolo di invarianza finanziaria di cui all’art. 86, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 va valutato in relazione alle risorse finanziarie ordinarie, in modo tale che non sia alterato l’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente. Ne deriva che l’ente può sostenere le spese di cui all’art. 86, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 nei limiti in cui tali spese trovino copertura nelle risorse finanziarie ordinarie già stanziate in bilancio, con la conseguenza di non alterare l’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente”.

Ne discende, in ossequio all’indirizzo nomofilattico sopra espresso e come ricordato recentemente dalla sez. reg. di contr. per la Puglia, nella delib. n. 5/2023/PAR, depositata il 26 gennaio 2023, che la copertura delle nuove spese – in ipotesi quelle relative alle spese legali sostenute dagli amministratori assolti – può considerarsi legittima se – e nei limiti in cui – trovi capienza nelle risorse finanziarie ordinarie, ovvero in specifici accantonamenti.