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Le regole sull’incompatibilità dei commissari di gara valgono anche per le concessioni

L’art. 77, comma 4, del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016), secondo cui “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”, costituisce principio di ordine pubblico applicabile con riferimento a qualsiasi gara pubblica e, dunque, anche con riferimento alle concessioni patrimoniali: è quanto ribadito dal TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. II, nella sent. 1° marzo 2023, n. 106 (cfr., conformemente, TAR Lazio, Roma, sez. III, sent. 2 dicembre 2019, n. 13767).

Ed invero, nelle gare pubbliche, con riguardo al regime di incompatibilità tra le funzioni svolte nel procedimento e quelle di Presidente della Commissione, il fondamento è di stretto diritto positivo e va rinvenuto nella norma indicata, che risponde all’esigenza di una rigida separazione tra la fase di preparazione della documentazione di gara e quella di valutazione delle offerte in essa presentate, a garanzia della neutralità del giudizio ed in coerenza con la ratio generalmente sottesa alle cause di incompatibilità dei componenti degli organi amministrativi (in tal senso, di recente, cfr. anche TAR Marche, sez. I, sent. 6 ottobre 2022, n. 565), fatta eccezione per le funzioni di RUP, la cui eventuale incompatibilità con il ruolo di commissario o Presidente deve essere valutata in concreto con riferimento alla singola procedura, con onere a carico di chi la contesta (in tal senso, cfr. TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, sent. 25 ottobre 2022, n. 833).

In particolare, la ratio della disposizione dell’art. 77, comma 4, del Codice è quella per cui chi ha redatto la lex specialis non può essere componente della commissione, costituendo il principio di separazione tra chi predispone il regolamento di gara e chi è chiamato a concretamente applicare una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura e, dunque, a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, ossia non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta.