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Il corretto utilizzo dell’anticipazione di cassa secondo la Corte dei conti

In generale, può dirsi che l’anticipazione di cassa sia un negozio caratterizzato da una causa giuridica mista, nella quale si combinano la funzione di finanziamento con quella di razionalizzazione dello sfasamento temporale tra flussi di spesa e di entrata, attraverso un contratto di finanziamento a breve termine tra Ente pubblico e tesoriere.

Come evidenziato da numerose pronunce delle sezioni regionali della Corte (cfr. sez. reg. di controllo per la Liguria, delib. n. 58/2019/PRSE del 24 maggio 2019; sez. reg. di controllo per il Piemonte, delib. n. 127/2019/PRSE del 7 novembre 2019), l’anticipazione di tesoreria costituisce una forma di finanziamento a breve termine cui gli enti dovrebbero ricorrere solo per far fronte a momentanei problemi di liquidità: l’utilizzo di questo strumento finanziario ha carattere eccezionale e avviene nei casi in cui la gestione del bilancio abbia generato, principalmente in conseguenza della mancata sincronizzazione tra flusso delle entrate e decorrenza dei pagamenti, temporanee carenze di cassa in rapporto ai pagamenti da effettuare in un dato momento.

Se, viceversa, il ricorso ad anticipazioni del tesoriere è continuativo e protratto per un notevole lasso temporale, e per importi consistenti, rappresenta un elemento fortemente critico della gestione finanziaria. Il fenomeno induce a dubitare che la perdurante sofferenza di liquidità derivi da un mero disallineamento temporale fra incassi e pagamenti e, invece, costituisca un sintomo di latenti e reiterati squilibri nella gestione di competenza tra le risorse in entrata che l’ente può effettivamente realizzare e le spese che si è impegnato a sostenere. Nei casi più gravi, inoltre, esso potrebbe dissimulare forme di finanziamento a medio/lungo termine e, pertanto, nella sostanza configurare una violazione del disposto dell’art. 119 della Costituzione (che consente di ricorrere ad indebitamento solo per finanziare spese di investimento).

Come ricordato recentemente dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. Sicilia, nella delib. n. 63/2023/PRSP, depositata lo scorso 21 febbraio, l’istituto in discorso è un’operazione eccezionale volto al superamento di crisi di liquidità meramente temporanee; conseguentemente, esso non può divenire mezzo ordinario e fisiologico di gestione per il pagamento delle spese, fattispecie che ove si verifichi costituisce sintomo di una endemica sofferenza di liquidità. Ciò posto, un ricorso costante e senza sostanziale soluzione di continuità all’anticipazione di tesoreria sconfina in una forma (anomala) d’indebitamento, trasformando l’anticipazione in una forma di debito di medio termine, in difformità dall’art. 119 della Costituzione che pone stringenti limiti in ordine all’utilizzo  dell’indebitamento, con ogni conseguenza prevista dall’ordinamento. Inoltre, il prolungato ricorso all’anticipazione di tesoreria determina ingiustificati costi per l’Ente.

Sul punto, i giudici siciliani hanno evidenziato che il ricorso costante all’anticipazione di tesoreria è un indice sintomatico di un grave squilibrio strutturale, espressione dell’incapacità dell’Ente di far fronte, con le entrate ordinarie, ai pagamenti e della difficoltà in cui esso si trova nella riscossione delle proprie entrate.