Revoca illegittima di una posizione organizzativa: scatta la responsabilità erariale per il Sindaco
Il Sindaco risponde di danno erariale dinanzi ad una revoca di una posizione organizzativa ad un dipendente comunale che il giudice del lavoro ha riconosciuto illegittima: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. Sicilia, nella sent. n. 89/2023, depositata lo scorso 17 febbraio.
Nel caso specifico, secondo il CCNL applicabile pro tempore, era possibile procedere alla revoca di una P.O. prima della scadenza, con atto scritto e motivato, in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi ovvero per motivi soggettivi riconducibili allo specifico accertamento di risultati negativi: tuttavia, nonostante la chiara disposizione normativa, la revoca veniva disposta in assenza di una delle motivazioni possibili, con la conseguenza che il dipendente si era rivolta al giudice del lavoro, vedendosi riconosciute le proprie ragioni, con conseguente condanna dell’ente locale al risarcimento del danno.
I giudici hanno ricordato che rimane possibile la facoltà dell’ente locale di non rinnovare una P.O., senza che ciò possa determinare un demansionamento, in quanto tutti gli incarichi sono conferiti a tempo determinato, restando il dipendente – alla scadenza dell’incarico – inquadrato nella categoria di appartenenza e nelle funzioni del profilo di appartenenza con il relativo trattamento economico (Cass., sez. lavoro, sentenze n. 3451 del 15/02/2010; n. 23760 del 22/12/2004; n. 29817 del 19/12/2008); tuttavia, la revoca anticipata (che è fattispecie del tutto differente dal mancato rinnovo) deve rispettare le ipotesi e le modalità previste nel CCNL, senza che sia possibile una revoca ad libitum da parte del capo dell’amministrazione in base al carattere di mera fiduciarietà che ne connoterebbe il conferimento nei Comuni privi di dirigenza o a seguito del rinnovo delle cariche politiche.
Come, infatti, affermato dalla giurisprudenza contabile (cfr. Corte conti, II Sez. App., sent. n. 149/2020) le disposizioni contrattuali che ancorano la revoca solamente alla presenza di determinati
presupposti correlati ad una modifica della struttura organizzativa dell’ente ovvero ad una valutazione negativa del risultato raggiunto, e non anche al rinnovo della carica di vertice dell’amministrazione, garantiscono la continuità dell’azione amministrativa, principio sottolineato dal giudice delle leggi, ed impediscono l’ingresso di profili di arbitrarietà nell’adozione dei poteri di rimozione, causalmente giustificabili soltanto nell’ottica del buon andamento dell’azione amministrativa e non certo ricollegabili alla circostanza transeunte del mutamento dell’organo investito del potere di nomina.