Plurimi incarichi pubblici in violazione di legge: scatta la responsabilità erariale
Risponde di danno erariale colui che contemporaneamente ricopre le cariche di Sindaco di un Comune, consigliere provinciale e membro del Comitato Direttivo del Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della medesima provincia, in violazione del divieto di cui al D.L. n. 78/2010: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. per la Campania, nella sent. n. 98/2023, pubblicata lo scorso 15 febbraio, condannando l’interessato alla restituzione di quanto indebitamente percepito (nel caso specifico, per un totale di oltre 180.000 euro).
I giudici, in particolare, hanno ritenuto sussistente il dolo, ravvisandolo nella consapevole omissione della dichiarazione prevista dal D.L. n. 78/2010, attestante lo svolgimento delle cariche pubbliche ricoperte e gli emolumenti percepiti, nonché della scelta inerente all’emolumento che si intende percepire. Invero, il D.L. n.78/2010 (convertito nella legge n.122 del 2010), emanato durante una rilevante crisi finanziaria proprio al fine di ridurre la spesa pubblica, all’art. 5, rubricato “Economie negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici”, pone a carico del titolare di plurimi incarichi l’onere/obbligo di darne comunicazione alle amministrazioni interessate, effettuando nel contempo la scelta dell’unico emolumento da percepire.
Il disposto normativo, di estrema chiarezza, non consente di “invertire” tale onere/obbligo, di comunicare circostanze relative alla propria sfera giuridica, in un dovere di conoscenza degli enti pagatori. A fronte della riscontrata omissione, non appare significativa, ai fini dell’esclusione del doloso occultamento del danno, la circostanza che gli incarichi espletati dal soggetto fossero genericamente conosciuti nell’ambito dell’amministrazione pubblica locale.
Secondo i giudici, il danno, nel caso specifico, non consiste nell’assunzione di plurimi incarichi pubblici ma nella mancata scelta dell’unico emolumento percepibile che costituiva onere esclusivo dell’interessato che doveva in tal senso attivarsi.
Con riferimento alla fattispecie dell’attribuzione di plurimi incarichi pubblici, l’art. 5, comma 11, del D.L. n.78/2010, stabilisce che “chi è eletto o nominato in organi appartenenti a diversi livelli di governo non può ricevere più di un emolumento, comunque denominato, a sua scelta”. Ne discende che la doppia percezione di emolumenti relativa a tali cariche si pone in contrasto con l’art. 5, comma 11, atteso che l’interessato non ha provveduto ad effettuare la dovuta comunicazione agli Enti interessati e la conseguente scelta dell’emolumento da percepire.
I giudici, conseguentemente, hanno dichiarata illegittima la percezione dei gettoni di presenza previsti per i consiglieri provinciali per il periodo in cui l’interessato aveva ricoperto anche la carica di sindaco e, successivamente, di assessore comunale.
Secondo la Corte, inoltre, anche i compensi previsti quale membro del Comitato Direttivo del Consorzio ASI della Provincia sono stati ritenuti illegittimamente percepiti, visto che l’art. 5, comma 7, del DL 78/2010, dispone che “agli amministratori di comunità montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali, aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pubbliche, non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni, indennità o emolumenti in qualsiasi forma siano essi percepiti”.
In ordine all’applicabilità della norma in esame alla fattispecie dei Consorzi ASI, che costituiscono pacificamente enti pubblici economici, si osserva che l’art. 5, comma 7, del D.L. n. 78/2010, ha inteso sancire la non remunerabilità della carica di amministratore di qualsiasi forma associativa di enti locali, costituita per la gestione di servizi e funzioni pubbliche, senza operare alcun riferimento, ai fini dell’individuazione dell’ambito di operatività del divieto in esame, alla qualifica dell’ente in termini di enti pubblici economici ed all’applicabilità del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000).
Ne consegue che, in presenza di una forma associativa di enti locali, nel novero delle cui funzioni rientri, come nel caso dei consorzi ASI, la gestione di servizi e funzioni pubbliche, la remunerazione, in qualsiasi forma, della funzione di amministratore è contraria alla richiamata legge ed è, pertanto, illegittima.
Infine, il collegio ha ritenuto di soffermarsi particolarmente sull’elemento del dolo, affermando che l’interessato era pienamente consapevole di aver percepito emolumenti non spettanti: “indice di siffatta consapevolezza appare la chiarezza ed univocità della richiamata normativa speciale, recante il divieto in esame, normativa che, peraltro, afferisce precipuamente all’ambito operativo del convenuto medesimo che, al di là del generale dovere di conoscenza delle leggi vigenti -la cui ignoranza non ammette scusanti- non poteva non averne una conoscenza diretta e specifica proprio per la specificità delle funzioni svolte. La macroscopicità dell’omissione informativa, sia nei riguardi dell’amministrazione provinciale che del consorzio ASI, ed il lungo periodo di protrazione della stessa, costituiscono elementi che- congiuntamente valutati con le funzioni espletate dal convenuto lo rendevano certamente “edotto” in materia, sicchè contribuiscono a connotare l’elemento psicologico doloso di particolare intensità nella condotta complessivamente serbata” dall’interessato, “che non risulta avere fatto nulla per evitare tale illecita corresponsione di compensi”.