Come è noto, l’art. 1, comma 862, della Legge n. 145/2018 ha introdotto, a partire dal 2021, l’obbligo di uno specifico accantonamento di risorse correnti (il c.d. fondo garanzia debiti commerciali) per gli enti che non rispettano i termini di pagamento delle transazioni commerciali, non riducono il debito pregresso o non alimentano correttamente la piattaforma dei crediti commerciali.
La norma è stata oggetto di modifiche nel corso degli anni.
Il testo originario del comma 862 prevedeva che, a fine esercizio, il fondo confluisse nella quota libera dell’avanzo; il comma 4-quater dell’art. 2 del DL n. 183/2020 ha successivamente sostituito il termine “libera” con il termine “vincolata”.
Il comma 863 della Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di bilancio 2019) – a sua volta modificato ad opera dell’art. 38-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 – prevede che “Il Fondo di garanzia debiti commerciali accantonato nel risultato di amministrazione è liberato nell’esercizio successivo a quello in cui sono rispettate le condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 859”.
Quindi, come evidenziato recentemente dalla Corte dei conti, sez. reg. di contr. per il Piemonte, nella delib. n. 12/2023/PRSE, depositata lo scorso 30 gennaio, sulla base di tale indicazione, la quota confluita nel risultato di amministrazione nell’esercizio “n” potrà essere liberata nel corso dell’esercizio “n+1” se si verifica che nel corso dell’esercizio “n” sono stati rispettati i tempi di pagamento e la riduzione dello stock del debito commerciale.
La previsione per cui l’accantonamento può essere liberato nell’esercizio successivo a quello in cui si sono verificate le condizioni previste dalla norma è motivata dalla circostanza che solo a fine anno, con la chiusura dell’esercizio, l’Ente dispone di dati certi e definitivi per il calcolo dell’indicatore di ritardo annuale di pagamento relativo alle fatture scadute nell’anno.