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Il danno all’immagine della P.A. nel giudizio di responsabilità erariale

Come è noto, il comma 1-sexies dell’art. 1 della Legge 14 gennaio 1994, n. 20, prevede che “Nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”.

Secondo la dominante giurisprudenza contabile, ribadita di recente dalla Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Campania, nella sent. n. 6/2023, depositata lo scorso 12 gennaio, elementi significativi per la configurazione del danno all’immagine sono:

  • la divulgazione della notizia,
  • la prova da parte della Procura che tale diffusione abbia determinato il discredito dell’Ente per l’azione illecita commessa dal convenuto, con conseguente perdita di fiducia da parte della cittadinanza per l’operato dell’Amministrazione (Corte dei conti, sez. III App., n. 241/2019 e n. 189/2020).

La rilevanza mediatica del comportamento illegittimo determina una “deminutio” dell’apprezzamento dei consociati nell’agire degli organi preposti alla gestione della cosa pubblica, ingenerando la convinzione di un’Amministrazione organizzata in maniera confusa.

Inoltre, il danno all’immagine anche se non comporta una diminuzione patrimoniale diretta, è comunque suscettibile di valutazione patrimoniale sotto il profilo della spesa necessaria per il ripristino del danno al bene giuridico leso.

Con riferimento al quantum del danno, nella citata sent. n. 6/2023 della Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Campania, dinanzi ad un incaricato di pubblico servizio da parte del Comune per la riscossione delle somme dovute per il servizio mensa scolastica e mai riversate all’ente locale (con conseguente condanna per peculato), è stato applicato il criterio presuntivo indicato dal legislatore del doppio della somma di denaro indebitamente trattenuta, avendo riguardo ai seguenti tre parametri:

  • rilevanza mediatica della vicenda (criterio sociale);
  • gravità del fatto, essendosi concretizzato un reato di peculato, con riferimento a somme ingenti e con comportamenti reiterati (criterio oggettivo);
  • qualifica rivestita (criterio soggettivo) dal reo (incaricato di pubblico servizio).