Secondo quanto affermato dal TAR Campania, Salerno, sez. I, nella sent. 12 dicembre 2022, n. 3393, è legittimo il diniego, motivato dalla genericità della richiesta e alla complessità delle ricerche, dinanzi ad un’istanza di accesso documentale ex artt. 22 e ss. della Legge n. 241/1990, avente ad oggetto l’ostensione di:
- atti interruttivi della prescrizione del credito tributario di una cartella e della relativa notifica;
- intimazioni di pagamento relativi al medesimo credito;
- preavvisi di fermo amministrativo e fermi amministrativi;
- preavvisi di iscrizioni ipotecarie ed iscrizioni ipotecarie;
- pignoramenti presso terzi o diretti al debitore.
La richiesta ostensiva era stata motivata per l’affermata necessità di conoscere se per il credito portato da tale cartella fosse maturato il termine di prescrizione o se esso fosse stato interrotto, allo scopo di valutare se includere, in caso di mancata prescrizione, tale cartella in un piano di rateizzazione.
La legittimità del rifiuto è coerente con i seguenti principi giurisprudenziali in materia:
- “L’istanza di accesso deve avere ad oggetto una specifica documentazione in possesso dell’Amministrazione (indicata in modo sufficientemente preciso e circoscritto) e non può riguardare dati ed informazioni generiche relativi ad un complesso non individuato di atti di cui non si conosce neppure con certezza la consistenza, il contenuto e finanche la effettiva sussistenza, assumendo un sostanziale carattere di natura meramente esplorativa” (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 12 gennaio 2016, n. 68);
- “L’istanza di accesso a documenti amministrativi deve riferirsi a ben specifici documenti e non può comportare la necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta; l’onere della prova anche dell’esistenza dei documenti, rispetto ai quali si esercita il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio, non potendo imporsi all’Amministrazione la prova del fatto negativo della non detenzione dei documenti” (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 28 febbraio 2020, n. 1464);
- “Premesso che non può esigersi che il richiedente indichi specifici dati del documento se non noti come es. il numero di protocollo e la data, occorre che egli fornisca alla PA indicazioni precise che permettano di individuare gli atti richiesti, senza che la PA sia costretta a compiere complesse e lunghe attività di ricerca ed elaborazione di dati” (TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 9 dicembre 2020, n. 13188);
- “In materia di accesso, è principio fondamentale quello per cui l’accesso non può ridondare in attività eccessivamente estesa di dati ed elementi e di una pluralità indifferenziata di atti della cui ricerca deve farsi carico l’Amministrazione, nei confronti della quale sussiste la legittima pretesa della stessa a non subire intralci alla propria attività istituzionale e appesantimento dell’azione amministrativa in contrasto con il canone fondamentale dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione stessa di cui all’ art. 97 Cost. ; in altre parole, la disciplina dell’accesso tutela l’interesse alla conoscenza e non l’interesse ad effettuare un controllo sull’Amministrazione, allo scopo di verificare eventuali e non ancora definite forme di lesione della sfera dei privati. In tal senso, l’accesso esplorativo è estraneo al perimetro di accesso delineato dagli artt. 22 e ss., l. n. 241/1990 e succ. mod.” (TAR Lazio, Roma, sez. I, sent. 13 luglio 2018, n. 7840);
- “Il diritto di accesso agli atti di cui all’art. 22 l. 7 agosto 1990 n. 241, non rappresenta uno strumento di ispezione popolare e di pressione da utilizzare nei confronti delle p.a. al fine di influenzare la celerità nella formazione di atti inesistenti al momento dell’inoltro della richiesta di ostensione. Parimenti non potrà ritenersi quale esercizio di un potere esplorativo sicché deve ritenersi che la domanda debba avere non soltanto un oggetto ben determinato ma, altresì, far riferimento a specifici documenti senza che sia necessario che il destinatario della richiesta debba procedere alla elaborazione di dati” (TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, sent. 29 ottobre 2015, n. 279).
Secondo i giudici, l’istanza ostensiva di meramente eventuali e non meglio specificati atti interruttivi della prescrizione era generica e esplorativa, traducendosi in un controllo generalizzato dell’attività amministrativa.
L’istante, peraltro, non ha fornito neppure un principio di prova dell’esistenza di atti interruttivi, dei quali, se esistenti, egli avrebbe dovuto ricevere notifica, mentre se non notificati alcun effetto interruttivo si sarebbe prodotto; una richiesta generica così formulata rischia di generare intralcio all’attività istituzionale dell’amministrazione e un appesantimento dell’azione amministrativa in contrasto con il canone fondamentale dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione stessa di cui all’ art. 97 Cost.
Né può essere accoglibile la richiesta secondo cui l’amministrazione, qualora non reperisca tali eventuali e non meglio specificati atti interruttivi, emetta una dichiarazione ad hoc di inesistenza, trattandosi di una richiesta di elaborazione di dati, che fuoriesce dal perimetro del diritto di accesso.