Recenti chiarimenti del MEF sul divieto di soccorso finanziario ad una partecipata (seconda parte)

Con la recente circolare n. 42 del 7 dicembre scorso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha fornito, fra l’altro, una serie di indicazioni importanti per gli enti proprietari di quote di società a partecipazione pubblica, allo scopo di chiarire l’operatività del c.d. divieto di soccorso finanziario, previsto dall’art. 14, comma 5, del TUSPP (Decreto Legislativo n. 175/2016).

In questa occasione ci soffermeremo sul presupposto del divieto di soccorso finanziario, individuato dalla citata norma nella circostanza dell’esistenza, per tre esercizi consecutivi, di perdite di esercizio da parte della partecipata ovvero nell’utilizzo di riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.

Il divieto previsto in discorso deve essere inteso come abbandono della logica del salvataggio obbligatorio degli organismi in una situazione di irrimediabile dissesto; condizione, quest’ultima, non necessariamente soddisfatta dalla presenza di perdite di esercizio anche ricorrenti.

In sostanza, secondo il consolidato orientamento della magistratura contabile, va analizzata la genesi della perdita ed evitata, di converso, la ricapitalizzazione per coprire perdite strutturali; ciò in quanto il “soccorso finanziario” non può essere una mera dazione di risorse, ma è ammissibile solo quando si comprovi che questo è finalizzato al concreto riequilibrio economico, finanziario e patrimoniale della società.

La norma, quindi, fa, opportunamente, leva sull’inequivocabile segnale negativo costituito dalla presenza di perdite realizzatesi consecutivamente per tre esercizi, individuando la ricorrenza di tale condizione come sintomo di un possibile stato fisiologico di crisi.

Occorre, allora, valutare le prospettive di risanamento o di riequilibrio dei conti, al fine di contrastare soltanto quegli interventi finalizzati a dare continuità a gestioni imprenditoriali fisiologicamente in uno stato di squilibrio economico e finanziario.

È di tale avviso la Corte dei conti laddove ha affermato che “la perdita, dunque, non rappresenta di per sé un elemento patologico, potendo coincidere, a date circostanze, anche con ipotesi di sana gestione (per es.: nelle fasi di start-up delle società o a seguito di investimenti atti a produrre utili negli esercizi successivi)” (sez. reg. di contr. Piemonte, delib. n. 61/2010/PAR).

Infatti, occorre tenere presente che, soprattutto durante la fase di avvio di una nuova iniziativa di impresa si realizzano, generalmente, significativi investimenti.

Rilevanti investimenti possono, parimenti, presentarsi nell’ambito di strategie di sviluppo di medio-lungo termine o, infine, in presenza di eventi particolarmente avversi o fenomeni congiunturali tali da determinare una perdita d’esercizio pur in assenza di condizioni di crisi strutturale.

Le perdite di esercizio richiamate dal citato art. 14, comma 5, sono, dunque, quelle che rappresentano un elemento patologico, tant’è che, come anche evidenziato dalla magistratura contabile, una società può subire perdite anche in presenza di una sana gestione. In tali circostanze, non risulta vietato in modo tassativo il compimento di operazioni di salvataggio pubblico che potranno comunque essere realizzate a fronte di un apposito piano industriale (o piano di risanamento) che comprovi il raggiungimento ed il mantenimento di un concreto e stabile riequilibrio economico, finanziario e patrimoniale della società.

Occorre sottolineare che il divieto di soccorso finanziario fa salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile.

Si tratta, rispettivamente per le società per azioni e a responsabilità limitata, dei casi di presenza di perdite in misura superiore a un terzo del capitale che abbiano comportato la riduzione dello stesso al di sotto del minimo legale (con necessità di convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società; in difetto, la società si scioglie ai sensi dell’articolo 2484, n. 4, c.c.).

Infine, si ricorda che sono previse alcune deroghe al divieto in discorso.

Una prima deroga è costituita dal secondo periodo del comma 5, il quale prevede che “Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all’articolo 5, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni”.

Il piano di risanamento, atto programmatico e strumento di pianificazione strategica della società dovrà essere predisposto dal relativo organo amministrativo, responsabile anche dell’attuazione del piano stesso, e dovrà poi essere approvato dall’Autorità di regolazione di settore, ove esistente, e comunicato sempre alla Corte dei conti.

Il terzo periodo dell’art. 14, comma 5, del TUSPP stabilisce un ulteriore caso di deroga alla regola generale del divieto di soccorso finanziario, prevedendo che “Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma”.

Si tratta di una deroga giustificata da eventi eccezionali riconducibili alla necessità di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità, in presenza dei quali le operazioni vietate possono essere autorizzate attraverso una speciale procedura che prevede l’adozione di uno specifico DPCM.

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