Il rispetto delle disposizioni normative, siano queste di rango primario o secondario, che disciplinano l’attività dell’agente contabile assume carattere di inderogabilità in ragione della funzione a cui assolve l’obbligo della resa del conto giudiziale nell’ambito del complesso sistema di garanzie e controllo sulla gestione delle risorse pubbliche: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. per il Veneto, nella sent. 323/2022, depositata lo scorso 7 dicembre.
Secondo i giudici, la gestione contabile è un particolare settore dell’attività di gestione dei beni e del danaro pubblico governato da principi e regole speciali ispirati ad esigenze di controllo e garanzia obiettiva per l’accertamento della correttezza e regolarità delle gestioni e, pertanto, le finalità di garanzia a cui è preposto il conto giudiziale non possono essere eluse o pretermesse stante l’indefettibilità del relativo giudizio, pur potendo convivere con le regole operative di gestione e con le concrete scelte organizzative che le singole Amministrazioni, dotate di autonomia organizzativa e normativa, possono dare a se stesse, ai loro uffici ed alla loro attività gestionale.
Le gestioni, quindi, non solo devono essere organizzate in modo tale che i risultati dell’attività gestoria siano in ogni momento ricollegabili, in modo certo, chiaro e continuativo, con le scritture elementari e generali tenute dalla ragioneria dell’ente, ma anche che ciò debba necessariamente emergere in primis dal conto reso e sottoposto a giudizio: “detto giudizio, in quanto posto a presidio degli irrinunciabili diritti patrimoniali e della correttezza delle gestioni dei flussi economico-finanziari delle pubbliche amministrazioni, si contraddistingue, dunque, per la sua indefettibilità, sia nel senso che a nessun ente gestore di mezzi di provenienza pubblica e a nessun agente contabile che abbia maneggio di denaro e valori di proprietà dell’ente è consentito di sottrarsi all’obbligo di resa del conto e al conseguente giudizio, sia nel senso che il conto deve essere esaminato dalla Corte dei Conti nella sua interezza, senza esclusioni o limitazioni quoad obiectum di qualunque specie” (Corte dei conti, sez. giurisd. per il Molise, sent. n. 25/2018).
Il conto, infatti, deve essere idoneo a rappresentare, mediante i fatti di gestione, i relativi risultati (principio oggi positivizzato nell’art. 140, comma 2, c.g.c.), la forma del conto ed i relativi contenuti debbono essere coerenti con questa finalità. In questo senso, dunque, si può invocare l’applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma che, tuttavia, non è -e non può costituire- un mezzo per derogare o, men che meno, eludere l’indefettibilità non solo dell’obbligo di rendicontazione (in ipotesi, anche in assenza di specifico modello) ma, sotto il profilo contenutistico, dell’obbligo di completa ed idonea rappresentazione dei fatti di gestione (Corte dei conti, sez. giurisd. per il Piemonte, sent. n. 144/2011).