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La classificazione delle passività potenziali ai fini del conseguente accantonamento prudenziale

Come è noto, la giurisprudenza contabile, in più occasioni (cfr., recentemente Corte dei conti, sez. reg. di contr. per l’Emilia Romagna Emilia, delib. n. 162/2022/VSG, depositata lo scorso 23 novembre) ha fornito indicazioni su come classificare le passività potenziali dell’ente locale, ai fini del conseguente accantonamento prudenziale.

In sintesi, la distinzione è tra debiti certi, passività probabili, passività possibili e passività da evento remoto, secondo i seguenti principi:

  • il debito certo, con indice di rischio 100%, è l’evento che si è concretizzato in una sentenza esecutiva, ma momentaneamente sospesa ex lege;
  • la passività “probabile”, con indice di rischio del 51% (che impone un ammontare di accantonamento che sia pari almeno a tale percentuale), è quella in cui rientrano i casi di provvedimenti giurisdizionali non esecutivi, nonché i giudizi non ancora esitati in decisione, per cui l’avvocato abbia espresso un giudizio di soccombenza di grande rilevanza (cfr., al riguardo, documento OIC n. 31 e la definizione dello IAS 37, in base al quale l’evento è probabile quando si ritiene sia più verosimile che il fatto si verifichi piuttosto che il contrario);
  • la passività “possibile” che, in base al documento OIC n. 31, nonché dello IAS 37, è quella in relazione alla quale il fatto che l’evento si verifichi è inferiore al probabile e, quindi, il range oscilla tra un massimo del 49% e un minimo determinato in relazione alla soglia del successivo criterio di classificazione;
  • la passività da evento “remoto”, la cui probabilità è stimata inferiore al 10%, con accantonamento previsto pari a zero.