Prezzo a base d’asta: quando è legittima la riproduzione di prezzi unitari di una gara precedente
Secondo la regola generale, la stazione appaltante, nel fissare il prezzo da porre alla base di una gara, deve procedere a svolgere un’adeguata istruttoria volta all’analisi dei prezzi di mercato delle prestazioni dedotte nel contratto; in particolare, in un appalto di servizi, la riproposizione dei prezzi unitari di una precedente gara, così come una loro minima riduzione, non può essere considerata una scelta illogica ed arbitraria quando l’Amministrazione motivi tale scelta sulla base del consistente ribasso offerto dall’aggiudicatario della precedente procedura e dimostri che, in ogni caso, i prezzi unitari sono in linea con i prezzi medi fissati dal prezziario regionale: è quanto evidenziato dall’ANAC nella delib. n. 450 del 5 ottobre 2022, depositata lo scorso 14 ottobre.
Su tale aspetto, si ricorda che la giurisprudenza ha affermato come sia necessario che la determinazione della base d’asta venga effettuata dalla stazione appaltante facendo riferimento a criteri verificabili ed acquisendo attendibili elementi di conoscenza, al fine di scongiurare il rischio di una base d’asta arbitraria perché manifestamente sproporzionata, con conseguente alterazione della concorrenza (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, sent. 24 settembre 2019, n. 6355 e sent. 10 maggio 2017, n. 2168; sez. V, sent. 28 agosto 2017, n. 4081).
Va rimarcato come nel nuovo Codice degli appalti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016) le stazioni appaltanti devono garantire la qualità delle prestazioni non solo nella fase di scelta del contraente (cfr. art. 97 in tema di esclusione delle offerte anormalmente basse), ma anche nella fase di predisposizione dei parametri della gara (art. 30, comma 1).
Pertanto, la determinazione del prezzo posto a base d’asta non può prescindere da una verifica della reale congruità in relazione alle prestazioni e ai costi per l’esecuzione del servizio, comprese le condizioni di lavoro che consentano ai concorrenti la presentazione di una proposta concreta e realistica, a rischio, in caso contrario, sia di carenze di effettività delle offerte e di efficacia dell’azione della Pubblica Amministrazione, sia di alterazioni della concorrenza tra imprese: profili tutti giudizialmente scrutinabili (Consiglio di Stato, sez. III, sent. 24 settembre 2019, n. 6355).
Si è affermato, al riguardo, che in un giudizio avverso il bando di gara “la misura del prezzo a base d’asta non implica una mera scelta di convenienza e opportunità, ma una valutazione alla stregua di cognizioni tecniche (…..) sulla quale è possibile il sindacato del giudice amministrativo, con la precisazione che tale sindacato è limitato ai casi di complessiva inattendibilità delle operazioni e valutazioni tecniche operate dall’amministrazione, alla illogicità manifesta, alla disparità di trattamento”, non essendo consentito al giudice di giungere egli stesso alla determinazione del prezzo congruo (TAR Sardegna, sez. I, sent. 18 ottobre 2011, n. 992).
Sono state richiamate in argomento anche le linee guida espresse dall’ANAC con la deliberazione n. 32 del 20 gennaio 2016, le quali, sebbene attinenti all’affidamento di servizi ad Enti del terzo settore ed alle cooperative sociali, contengono al par. 11 un’indicazione di principio, lì dove affermano che “le stazioni appaltanti, nella determinazione dell’importo a base di gara per l’affidamento dei servizi, non possono limitarsi ad una generica e sintetica indicazione del corrispettivo, ma devono indicare con accuratezza e analiticità i singoli elementi che compongono la prestazione e il loro valore. Le stesse devono procedere già in fase di programmazione alla stima del fabbisogno effettivo in termini di numero di ore di lavoro/interventi/prestazioni e alla predeterminazione del costo complessivo di ciascuna prestazione”.