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Comune in dissesto: inammissibile il giudizio di ottemperanza

Lo status di dissesto finanziario dichiarato per un ente implica l’applicazione dell’art. 248, comma 2, TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000), che prevede che non possono essere avviate procedure esecutive (tra le quali rientra il giudizio di ottemperanza) successivamente alla declaratoria di dissesto finanziario dell’Ente e l’estinzione di quelle già in corso: è quanto ribadito dal TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 5 ottobre 2022, n. 6176.

Tale situazione, inoltre, assoggetta a procedura liquidatoria tutte le obbligazioni derivanti da fatti o atti intervenuti prima della dichiarazione di dissesto, anche se tali obbligazioni siano state liquidate in via definitiva solo successivamente; il divieto di azioni esecutive individuali e l’estinzione dei giudizi promossi riguarda, dunque, anche i giudizi di esecuzione di giudicati che si siano formati successivamente alla dichiarazione di dissesto, ma per fatti o atti anteriori alla dichiarazione medesima (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sent. 12 gennaio 2022, n. 1; sez. V, sent. 17 aprile 2020, n. 2452, TAR Campania, Napoli, sez. VIII, sent. 19 aprile 2021, n. 2464).

Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256 TUEL, i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa e già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità.

Dunque, la suindicata disposizione impedisce dalla data di dichiarazione di dissesto:

  1. ai singoli creditori, di intraprendere o proseguire azioni esecutive per i debiti rientranti nella competenza dell’organo straordinario;
  2. ai debiti insoluti, di produrre rivalutazione monetaria ed interessi di qualsivoglia natura.

In presenza dei presupposti individuati dalla norma, la giurisprudenza, sulla base del rilievo che la procedura di liquidazione dei debiti è essenzialmente dominata dal principio della par condicio dei creditori, ha affermato che la tutela della concorsualità comporta, in linea generale, l’inibitoria anche del ricorso di ottemperanza in quanto misura coattiva di soddisfacimento individuale del creditore.