Suscita perplessità la circostanza che, nel calcolo del fondo contenzioso, non venga indicato un rischio di soccombenza superiore al 50%, pur a fronte di un numero abbastanza consistente di cause pendenti (41, nel caso specifico): è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per la Toscana, nella delib. n. 168/2022, depositata in segreteria lo scorso 30 settembre.
Secondo i giudici, ciò potrebbe significare che l’analisi del contenzioso sia stata effettuata in modo sommario, anziché sulla base di un’analisi degli specifici aspetti dei singoli contenziosi, come invece imporrebbe il principio contabile.
Nel caso specifico, a giustificazione del proprio operato, l’ente locale ha evidenziato che tale metodologia è conseguenza del fatto che gli avvocati patrocinatori non sono stati in grado, per la maggior parte dei contenziosi pendenti, di esprimere una stima del rischio di soccombenza; la Corte, tuttavia, pur riconoscendo le difficoltà implicite nella valutazione dei rischi derivanti dal contenzioso, ha ribadito che “è necessario che l’ente faccia delle opportune e precise valutazioni (in parte, inevitabilmente, discrezionali) sulle variabili sopra indicate, che incidono direttamente sulla quantificazione del fondo. In particolare, la ragionevole determinazione della probabilità di soccombenza e dell’importo da corrispondere alla controparte sono elementi imprescindibili per consentire all’ente una corretta quantificazione degli impatti sul bilancio derivanti dal contenzioso, e la conseguente necessaria copertura attraverso un apposito accantonamento. Il metodo delineato dal principio contabile, pur con le sue difficoltà applicative, è l’unico che consente all’ente una quantificazione verosimile dei potenziali effetti nefasti del contenzioso, e ai soggetti esterni la verifica della congruità dell’accantonamento”.