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Concessione mista di beni e servizi: è applicabile il giudizio di anomalia dell’offerta

Come è noto, la giurisprudenza ha affrontato in diverse occasioni il tema dell’applicabilità della disciplina dell’anomalia delle offerte nell’ambito concessorio, connotato dall’assenza di un corrispettivo stricto sensu in favore dell’affidatario.

Si fronteggiano due posizioni:

  • da un lato pronunce, maturate specialmente nella vigenza del vecchio Codice degli appalti (Decreto Legislativo n. 163/2006), che escludono la diretta applicabilità di tale regime alla figura concessoria (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. 1° dicembre 2014, n. 5915; sent. 24 marzo 2011, n. 1784) salvo ammettere una verifica in fase di gara circa la ragionevolezza dell’offerta in termini di suo preventivo apprezzamento di attendibilità, funzionale all’adempimento (Consiglio di Stato, sez. V, sent. 1° dicembre 2014, n. 5915);
  • dall’altro decisioni che invece riconoscono l’applicabilità dell’istituto alle concessioni, pur indicando gli elementi di specialità che la valutazione assume rispetto a tali fattispecie, in quanto “nella concessione si controlla l’attendibilità di una previsione economico-finanziaria con pieno o preponderante accollo del rischio economico del peculiare mercato del servizio da parte del concessionario, onde siffatta verifica, pur sempre rigorosa, è sull’attendibilità d’una ragionevole e ponderata previsione economica […], che lascia un margine d’incertezza a chi confeziona l’offerta ed un alto margine di opinabilità tecnico-discrezionale a chi la riscontra, opinabilità non sindacabile in sede di legittimità se non per evidenti errori di fatto e macroscopica irragionevolezza” (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 7 maggio 2020, n. 2885; nello stesso senso, al punto di equiparare nella sostanza il giudizio di anomalia per gli appalti e le concessioni, cfr. Consiglio di Stato, sez. III, sent. 5 dicembre 2019, n. 8340).

Con la recente sent. 8 settembre 2022, n. 1980, il TAR Lombardia, Milano, sez. I, ha affermato la correttezza di tale secondo orientamento, ritenendo che, seppure l’art. 164, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016), in materia di concessioni, non richiami specificamente il regime dell’anomalia, la relativa verifica vada nondimeno considerata applicabile anche alle offerte inerenti alle concessioni: si tratta infatti di una valutazione espressione di principi generali in materia di affidamento di commesse pubbliche quali quelli della qualità e affidabilità delle prestazioni, nonché della libera concorrenza (cfr. l’art. 30 del Codice) e che implica un apprezzamento secondo canoni di ragionevolezza e attendibilità delle offerte ben possibile – anzi doveroso – da parte dell’Amministrazione anche in ipotesi di concessioni, in coerenza con i generali principi dell’efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa.

È stato osservato che il ritenere applicabile alle concessioni l’istituto della verifica di congruità non impedisce di tener conto, nell’esprimere la valutazione da compiere, della peculiarità della fattispecie concessoria, e dunque di declinare in termini “dinamici” la verifica di anomalia – considerato che anche la voce dei ricavi risulta ex ante indefinita – che assume perciò connotazioni ancor più discrezionali e in qualche misura flessibili (in quanto condizionata da una rilevante componente previsionale), se non caratterizzata da margini d’incertezza (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. 24 maggio 2022, n. 4108).