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Utilizzo di contratti a chiamata nel Comune: scatta la colpa grave

È gravemente colposo il comportamento del segretario e responsabile dei servizi affari generali e finanziari del Comune che sottoscrive contratti di lavoro intermittente illegittimi, in quanto vietati nel settore della PP.AA.: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. giurisd. per il Lazio, nella sent. n. 585/2022, depositata lo scorso 26 agosto.

I giudici hanno stigmatizzato il comportamento del funzionario-segretario comunale il quale, “nel suo duplice ruolo di Segretario comunale e Responsabile dei servizi Affari generali e finanziari ha omesso ogni seppur minimo approfondimento istruttorio che si sarebbe reso necessario preliminarmente all’assunzioni di decisioni amministrative di tale rilevanza finanziaria”. Ed infatti, in ragione del ruolo, egli non poteva non sapere che i contratti a chiamata rappresentano un modello contrattuale di lavoro flessibile espressamente vietato alle PP.AA. dall’art. 13, comma 5, del Decreto Legislativo n. 81/2015, il quale ha – fin dalla sua introduzione – costantemente statuito che “le disposizioni della presente sezione (Lavoro intermittente) non trovano applicazione ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”.

Nel caso specifico, inoltre, il ricorso a tale tipologia di rapporto di lavoro non aveva sempre garantito il rispetto dei limiti anagrafici per lo stesso previsti (destinatari con età inferiore ai 24
anni o superiori a 55) e vi erano state ulteriori irregolarità di carattere contabile e finanziario, essendo stata la determinazione di autorizzazione alla sottoscrizione dei contratti e la successiva assunzione degli impegni parametrata sul solo importo degli acconti, lasciando senza copertura le somme comunque dovute a titolo di saldo.

La Corte, in ogni caso, non ha proceduto ad alcuna condanna, stante la mancata prova del danno attuale e concreto per l’ente locale.