Il concetto di colpa grave secondo la Corte dei conti
La colpa grave ricorre in presenza di una negligenza inescusabile della parte, per essere quest’ultima venuta meno ai minimali doveri correlati alla propria istituzionale funzione: è quanto ribadito dalla Corte dei conti, sez. giurisd. Emilia-Romagna, nella recente sent. n. 141/2022, pubblicata lo scorso 12 agosto.
Come è noto, ai fini della configurazione della colpa grave, è necessario che alla violazione delle specifiche regole del settore si aggiunga l’assenza di quel minimo di diligenza, prudenza o perizia richiesto dalla specifica attività svolta dal dipendente e dal peculiare settore dell’Amministrazione al quale lo stesso è preposto. La colpa grave si risolve, dunque, in una massima e inescusabile negligenza.
Nel caso specifico, tale elemento psicologico è stato riscontrato nel responsabile dell’ufficio del personale che, nonostante la necessità per la P.A. di acquisire una risorsa umana da inquadrare nella categoria D3, ha proceduto all’assunzione, sia pur temporanea e con contratto di lavoro interinale, di un soggetto privo di laurea, requisito necessario per l’inquadramento nella categoria D; secondo i giudici, “Non può non rilevarsi come un soggetto apicale, al vertice dell’Ufficio del Personale, sia istituzionalmente tenuto a compiutamente verificare i requisiti legittimanti l’impiego dei singoli lavoratori; verifica che è in toto mancata nel caso di specie”.
Il danno è stato quantificato dalla Corte, in accoglimento del principio della compensatio lucri cum damno, nella differenza tra la retribuzione correlata alla categoria D3 e quella corrispondente alla diversa categoria C1, che sarebbe stata la corretta categoria di inquadramento del lavoratore interinale.