Rimborso spese trasferta con mezzo proprio del dipendente comunale: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Come è noto, il comma 5 dell’art. 51 del TUIR (DPR n. 917/1986) dispone che “In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto […]”.
Al riguardo, con circolare 23 dicembre 1997, n. 326, paragrafo 2.4, l’Agenzia delle Entrate aveva precisato che, mentre le spese per i viaggi compiuti con mezzi pubblici (ferrovie, aerei, ecc.) sono direttamente documentabili mediante l’esibizione da parte del dipendente dei relativi biglietti, quelle per i viaggi compiuti con propri mezzi devono essere determinate dallo stesso datore di lavoro sulla base di elementi concordanti, sia diretti che indiretti.
Con la risoluzione 30 ottobre 2015, n. 92/E, è stato chiarito che non è possibile ipotizzare, accanto alle fattispecie individuate dal legislatore tributario nel comma 5 dell’art. 51 del TUIR, nuovi diversi sistemi di calcolo degli importi che non concorrono al reddito; inoltre, è stato confermato che le indennità chilometriche per le trasferte fuori dal Comune dove il dipendente ha la sede di lavoro possono essere escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente a condizione che, in sede di liquidazione, l’ammontare dell’indennità sia determinato in base alle tabelle ACI, avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di vettura. Detti elementi devono risultare dalla documentazione interna conservata dal datore di lavoro (cfr, tra l’altro, circolare 23 dicembre 1997, n. 326, paragrafo 2.4, risoluzioni 13 dicembre 2000, n. 191, 25 febbraio 2009, n. 53/E).
La predetta risoluzione ha precisato, inoltre, che nell’ipotesi in cui sia riconosciuta un’indennità chilometrica calcolata sul tragitto dalla residenza del lavoratore alla località di missione, qualora la distanza percorsa dal dipendente risulti inferiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore è riconosciuto, in base alle tabelle ACI, un rimborso chilometrico di minor importo, quest’ultimo è da considerare non imponibile ai sensi dell’art. 51, comma 5, del TUIR.
Diversamente, nell’ipotesi in cui la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti maggiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore viene erogato, in base alle tabelle ACI, un rimborso chilometrico di importo maggiore rispetto a quello calcolato dalla sede di servizio, la differenza è da considerarsi reddito imponibile ai sensi dell’art. 51, comma 1, del TUIR.
La materia è stata oggetto di un nuovo recente intervento dall’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 405/2022, pubblicata lo scorso 2 agosto, riguardante il caso di un Comune che richiedeva chiarimenti sull’applicabilità del principio di non imponibilità (ex art. 51, comma 5, del TUIR) nel caso di un indennizzo, pari a quanto sarebbe stata la spesa per l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico, da riconoscere ai dipendenti che, in presenza di particolari esigenze di servizio, potevano essere autorizzati eccezionalmente ad utilizzare il mezzo proprio per l’esecuzione delle trasferte. L’Agenzia, in sintesi, ribadendo il proprio orientamento, ha affermato che:
- laddove il rimborso basato sulle tariffe del trasporto pubblico risulti di importo uguale o minore rispetto a quello determinato in base alle tabelle ACI, lo stesso sarà da considerarsi non imponibile ai sensi dell’articolo 51, comma 5, del TUIR;
- diversamente, nell’ipotesi in cui l’indennità di trasferta determinata in base alle tariffe del trasporto pubblico risulti di importo maggiore rispetto a quella determinata sulla base delle tabelle ACI, la differenza sarà da considerarsi reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51, comma 1, del TUIR.