Il divieto di corresponsione di emolumenti a carico delle società di capitali partecipate dal Comune nel caso di assunzione, da parte dell’amministratore dello stesso ente, della carica di componente degli organi di amministrazione della società partecipata trova applicazione anche nel caso in cui un consigliere comunale venga nominato componente dell’organo di amministrazione di una società partecipata indirettamente dal Comune di appartenenza: è quanto affermato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per il Veneto, nella delib. n. 110/2022/PAR, depositata lo scorso 25 luglio.
Come è noto, l’art. 1, comma 718, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296, dispone espressamente che “Fermo restando quanto disposto dagli articoli 60 e 63 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, l’assunzione, da parte dell’amministratore di un ente locale, della carica di componente degli organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente non dà titolo alla corresponsione di alcun emolumento a carico della società”.
Secondo i giudici contabili, la norma si riferisce genericamente alle “società di capitali partecipate”, senza formulare alcuna distinzione in relazione alla forma di partecipazione e persegue evidenti finalità di riduzione della spesa pubblica e di contenimento dei costi degli organi di governo e degli apparati pubblici; conseguentemente, la norma vale per ogni tipo di partecipazione societaria, diretta o indiretta, maggioritaria o minoritaria e ritene che la stessa valga solo per le partecipazioni maggioritarie sarebbe contrario alla ratio della disposizione.