Esenzione imposta di registro cause con valore fino a € 1.033: le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate

Come è noto, l’art. 46 della Legge n. 374/1991 (istitutiva dei Giudici di pace) dispone che “Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni”. La disposizione introduce una deroga alla disciplina generale concernente la tassazione degli atti dell’autorità giudiziaria, recata dagli artt. 37 del Testo Unico dell’imposta di registro (DPR n 131/1986) e 8 della Tariffa, Parte prima, allegata al medesimo DPR, che individua la misura dell’imposta in relazione alle diverse tipologie di atti.

La materia è stata oggetto, in passato, della risoluzione n. 97/E del 2015, con cui l’Agenzia, dando atto dell’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Corte di Cassazione (cfr. sentenze 16 luglio 2014, n. 16310; 24 luglio 2014, nn. 16978, 16979, 16980, 16981), aveva precisato che il regime esentativo per valore si applica non solo in relazione agli atti e provvedimenti relativi al giudizio di primo grado dinanzi al Giudice di pace, ma anche a quelli emessi dai giudici ordinari nei successivi gradi di giudizio in sede di impugnazione delle sentenze emesse dal Giudice di pace medesimo.

Nei giorni scorsi, con la circ. n. 30/E dello scorso 29 luglio, l’Agenzia ha fornito ulteriori indicazioni, ricordando anzitutto alcuni recenti orientamenti della Corte di Cassazione:

  • l’ordinanza 4 dicembre 2018, n. 31278 (seppure concernente la tassazione di una sentenza civile del Tribunale, emessa in sede di appello avverso una sentenza del Giudice di Pace in controversia di valore inferiore a € 1.033), con cui è stato precisato che la ratio informatrice dell’art. 46 della citata Legge n. 374/1991 “è quella di esonerare tali cause dal carico fiscale perché di minimo valore, ovvero di alleviare l’utente dal costo del servizio di giustizia per le controversie di valore più modesto: l’imposta di registro infatti è proporzionale al valore, mentre ai fini impositivi risulta indifferente l’organo giudiziario che ha emanato il provvedimento”; i giudici di legittimità hanno evidenziato che, rispetto a tale finalità, “risulta coerente solo la previsione di una esenzione generalizzata, in deroga al disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, che escluda dal pagamento della tassa di registro tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore inferiore ad Euro 1.033,00, indipendentemente dal grado di giudizio e dall’ufficio giudiziario adito”;
  • l’ordinanza 2 ottobre 2020, n. 21050, concernente la tassazione di una ordinanza di assegnazione di somme emessa dal Tribunale nell’ambito di procedura di esecuzione mobiliare attivata in forza di sentenza resa dal Giudice di pace in controversia di valore inferiore a € 1.033, con la quale è stato precisato che la circostanza che l’art. 46 “risulti inserito nel corpo normativo recante l’istituzione del giudice di pace non costituisce elemento decisivo per ancorare l’operatività della norma suddetta solo agli atti emessi dal giudice di pace, posto che l’unica condizione oggettiva richiesta è che si tratti di ‘cause (…) il cui valore non ecceda la somma di Euro1.033,00» e che rispetto alla finalità perseguita dalla norma risulta coerente solo la previsione di una esenzione generalizzata «indipendentemente dal grado di giudizio, dall’ufficio giudiziario adito e dal tipo di processo (di cognizione, esecutivo o cautelare) instaurato”.

Tali affermazioni di carattere generale risultano rese nell’ambito di controversie concernenti impugnazioni di avvisi di liquidazione notificati in relazione a provvedimenti emessi in giudizi promossi, prima facie, avanti il Giudice di pace. Il suddetto principio interpretativo è stato poi ribadito dalla Suprema Corte con le più recenti ordinanze del 22 febbraio 2021, n. 4725 e del 3 marzo 2021, nn. 5857 e 5858, esprimendosi con riferimento a controversie promosse sin dal primo grado avanti uffici giudiziari diversi dal Giudice di pace (nella specie, Tribunale Civile).

Tanto premesso, in virtù dell’orientamento espresso e allo scopo di allinearsi alla richiamata giurisprudenza per assicurare uniformità di trattamento delle situazioni analoghe a quelle prese in considerazione dalle pronunce menzionate, l’Agenzia, con la citata circ. n. 30/E/2022, ha affermato che l’esenzione contenuta nell’art. 46 della Legge n. 374/1991 si applica:

  • a tutti gli atti e provvedimenti relativi a controversie il cui valore non eccede la somma individuata di euro 1.033,00, indipendentemente dal grado di giudizio e dall’ufficio giudiziario adito, con il superamento delle precedenti indicazioni di prassi in materia;
  • anche agli atti giudiziari, così come individuati dalla Nota II posta in calce all’art. 8 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR n. 131/1986, per i quali trova applicazione l’imposta di registro in misura fissa, in quanto dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti ad imposta sul valore aggiunto; in particolare, la richiamata Nota II prevede che «Gli atti di cui al comma 1, lettera b), e al comma 1-bis non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 40 del testo unico”, mentre quest’ultima disposizione prevede, in via generale, che “Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa”.

In tali casi, pertanto, non è dovuta neanche l’imposta in misura fissa.

Al contrario, secondo l’Agenzia, la previsione esentativa non risulta applicabile alle disposizioni negoziali contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati, enunciati nell’atto dell’autorità giudiziaria interessato dall’agevolazione in esame, che restano soggetti a tassazione in ottemperanza alle previsioni recate dall’art. 22 del DPR n. 131/1986: ciò in quanto la disposizione agevolativa di cui al più volte citato art. 46 interessa esclusivamente “Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi…”.

La circolare in commento ha effetto anche sulla gestione del contenzioso in essere: l’Agenzia, infatti, ha invitato le strutture territoriali a riesaminare le controversie pendenti concernenti la materia in esame e, ove l’attività di liquidazione dell’Ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi, ad abbandonare, con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio, la pretesa tributaria, sempre che non siano sostenibili altre questioni.

 

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