L’utilizzo reiterato dell’anticipazione di tesoreria: il warning della Corte dei conti

Il fenomeno del ricorso reiterato all’anticipazione rischia di trasformare tale istituto da strumento di correzione degli squilibri temporali tra riscossioni e pagamenti in una forma d’indebitamento vero e proprio, gestito in alternativa al debito commerciale: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo per l’Emilia Romagna, nella delib. n. 101/2022/PRSE, depositata lo scorso 12 luglio.

Al riguardo, è utile richiamare l’art. 222 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000) e l’art. 3, comma 17, della Legge n. 350/2003 che consentono il ricorso all’anticipazione di tesoreria, quale forma di contrazione di debito a breve termine sottratta ai limiti di destinazione alle spese di investimento posti dall’art. 119, sesto comma, della Costituzione, esclusivamente per “superare una momentanea carenza di liquidità” e finalizzato a fronteggiare improrogabili e, comunque, momentanee esigenze di cassa derivanti dallo sfasamento cronologico che può verificarsi tra pagamenti e riscossioni.

La Corte, nel caso concreto, ha riscontrato da parte di un Comune un utilizzo dell’anticipazione di tesoreria, per 51 giorni, e restituita interamente a fine anno; conseguentemente, ha richiamato l’attenzione dell’Ente a proseguire nel puntuale e costante monitoraggio dei flussi di cassa implementando le azioni ritenute utili e necessarie al fine del raggiungimento dell’obiettivo del mancato utilizzo dell’anticipazione di tesoreria.

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