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Attività di contrasto all’evasione tributaria: il warning della Corte dei conti

Una bassa percentuale di riscossione delle entrate da recupero evasione tributaria a lungo andare rischia di determinare una sensibile attenuazione della possibilità per l’Ente di far fronte alle proprie obbligazioni per il venir meno di entrate proprie: è quanto evidenziato dalla Corte dei conti, sez. reg. di controllo Emilia Romagna, nella delib. n. 100/2022/PRSE, depositata lo scorso 12 luglio.

I giudici osservano, in via generale, come la particolare cura per le entrate da recupero evasione tributaria comporta la censurabilità di qualsiasi azione od omissione volta a procrastinare l’adempimento degli obblighi tributari che, in quanto tali, vincolano al rispetto dei doveri ineludibili di solidarietà (art. 23 della Costituzione) e la cui inosservanza determina, sul piano sostanziale, sperequazioni non accettabili rispetto a chi osserva tempestivamente e scrupolosamente gli obblighi medesimi, nonché riflessi irrazionali sul piano della sana gestione. Le carenze e i ritardi del momento accertativo del recupero dell’evasione tributaria, divengono, quindi, un comportamento censurabile, antitetico rispetto ai parametri disegnati dalla Carta costituzionale: osta a ciò, del resto, l’indefettibile principio generale dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria – riconducibile ai principi di capacità contributiva (art. 53, primo comma, della Costituzione) ed imparzialità nell’azione della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), entrambi espressione del più generale principio di eguaglianza nell’ambito dei rapporti tributari. Dall’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, vincolata ed ex lege, si ricava quindi la conclusione circa l’irrinunciabilità della potestà impositiva, con i corollari della non prorogabilità del recupero delle somme a tale titolo dovute e della necessità che l’azione del Comune sia tempestivamente volta ad evitare la prescrizione del credito tributario, con pregiudizio per gli interessi erariali.

La Corte ribadisce, quindi, la necessità di imprimere il massimo impulso e di assicurare una rigorosa continuità nelle attività di controllo e di riscossione coattiva dei tributi non spontaneamente versati dai contribuenti: infatti, una gestione discontinua dell’attività di accertamento tributario potrebbe danneggiare l’Ente impositore quantomeno per il ritardo con il quale consegue le entrate relative e potrebbe compromettere l’esito della riscossione, allontanando temporalmente il momento in cui si determina il presupposto dell’imposta da quello in cui si concretizza l’azione di riscossione non spontanea.