Illegittimo il diniego di accesso agli indici decennali di nascita e di matrimonio risalenti

Il diniego del Comune alla richiesta di rilascio di copia per finalità di ricerca degli indici decennali di nascita e di matrimonio di un periodo molto datato e facenti parte dell’archivio storico è illegittimo: è quanto evidenziato dal TAR Veneto, sez. I, nella sent. 24 giugno 2022, n. 1074.

Nel caso di specie, un ricercatore impegnato nella ricostruzione del fenomeno migratore dal Veneto al Sudamerica a cavallo dei secoli XIX e XX aveva fatto richiesta di ostensione agli indici decennali di nascita e di matrimonio del periodo compreso tra il 1871 e il 1901, evidenziando che non si trattava di atti dello stato civile “in senso proprio”, bensì di documenti “consultabili liberamente dal pubblico anche via internet”, che “non contengono affatto dati personali dei soggetti in essi elencati” (liberamente ostensibili in quanto documenti rientranti negli archivi storici).

Al riguardo, trattandosi di atti e documenti assai risalenti nel tempo (il riferimento è appunto agli indici anagrafici del periodo 1871-1901, che compendiano atti registrati da ben oltre un secolo), trova applicazione la specifica disciplina in materia di consultazione di archivi storici di enti pubblici: ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), infatti, l’accesso alla documentazione dell’archivio storico di un ente pubblico per finalità di lettura, studio e ricerca, è consentito liberamente e gratuitamente a tutti i cittadini.

Fanno eccezione i documenti dichiarati di carattere riservato, su disposizione del Ministero dell’Interno, relativi alla politica estera o interna dello Stato (consultabili cinquant’anni dopo la loro formazione), nonché i documenti contenenti dati sensibili e i dati relativi a provvedimenti di natura penale espressamente indicati dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali (suscettibili di consultazione dopo quarant’anni dalla loro compilazione). Il termine è invece elevato a settant’anni se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare.

Va, inoltre, osservato che in questo senso depongono le regole deontologiche di cui all’allegato A2 “Regole deontologiche per il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse o per scopi di ricerca storica”, al D. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, redatte dal Garante per la protezione dei dati personali (di seguito, GPDP), inserite dal D.M. del Ministero della Giustizia 15 marzo 2019 (“Regole deontologiche per il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse o per scopi di ricerca storica pubblicate ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101” approvate dal GPDP il 19 dicembre 2018). Dette regole, con riguardo all’accessibilità degli archivi pubblici, nell’art. 10 richiamano espressamente le disposizioni di rango primario sopra citate e permettono, conseguentemente, di escludere possibili riserve su ipotetiche interferenze con le regole poste a presidio della riservatezza (interferenze che, nel caso concreto, non appaiono agevolmente apprezzabili in riferimento ad atti risalenti all’ultimo scorcio dell’Ottocento).

Va anche rimarcato che il possibile utilizzo distorto dei dati o comunque di un loro impiego non rispettoso dei principi dettati dal GPDR non esclude di per sé il diritto all’ostensione della documentazione, poiché, sul richiedente (nella sua qualità di “utente“, ossia di soggetto che “chieda di accedere o acceda per scopi storici a documenti contenenti dati personali, anche per finalità giornalistiche o di pubblicazione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero”) l’onere di utilizzare e custodire i dati acquisiti nell’osservanza della normativa di settore, con conseguente assunzione della responsabilità di matrice deontologica nascente da ogni possibile violazione o abuso (cfr. artt. 1, comma 3, lett. b, 11 e 13 delle sopra richiamate “Regole deontologiche per il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse o per scopi di ricerca storica pubblicate ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101”).

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